mercoledì 18 febbraio 2009

Breakfast on Pluto

Non mi è piaciuto.
Non mi è piaciuto innanzitutto il personaggio di Patrick “gattina” Brady. Troppo stereotipato, troppo caricato fino a diventare una caricatura, e questo era già successo con In Dreams (1999) ed il suo killer.
Questa accentuazione del protagonista non sarebbe un male se il contesto in cui Patrick agisce fosse come lui, ovvero buffo irriverente e scanzonato, invece la realtà che lo circonda è maledettamente seria. Così, mentre lui/lei cerca sua madre, Lady Fantasma, nella grande città che l’ha inghiottita (Londra), incontrando le persone più diverse, da un assassino a un mago ad un magnaccio, i suoi due migliori amici muoiono in Irlanda, seppur in maniera diversa, per colpa del terrorismo. Questa discrepanza tra protagonista e ambiente che lo circonda si fa sentire di brutto.
E poi, la figura di Patrick/Patty è quanto di più lontano ci sia per farmi legare empaticamente con un attore. Perfino i personaggi di Mysterious Skin (2004) li sentivo più “vicini” a me rispetto alle avventure di questo strampalato travestito, che, con tutta sincerità, ha gonfiato le mie gonadi sin dai primi minuti. Non è che se una persona è omosessuale deve starmi simpatica per forza, a me Patrick è stato sulle palle da subito. E nemmeno la sua vicenda famigliare me lo ha fatto “andar giù”, in quanto inglobata dal personaggio Patrick che fagocita tutto e tutti.

Ma chi è Patrick Brady?
Beh, innanzitutto è Cillian Murphy. Un attore dai tratti muliebri, veramente, ma veramente bravo ad interpretare uno dei ruoli più difficili della storia del cinema, che si riscatta dalla recitazione scialba in 28 gironi dopo (2002) di Danny Boyle.
Patrick è una donna intrappolata nel corpo di uomo. È figlio di una relazione clandestina tra un prete e la sua domestica, e vive nell’Irlanda degli anni ’60 macchiata di sangue dalla guerra civile irlandese. Ma lui sogna di poter riabbracciare la madre, e così parte destinazione Londra per cercarla.
Il viaggio nella capitale inglese rappresenta allo stesso tempo sorta di viaggio interiore in cui Patrick conosce il mondo e se stesso(a). Certo che il mondo non è proprio il massimo, Plutone, forse, sarebbe meglio.

Il film soffre della sindrome della pietra rotolante.
Sindrome che ho inventato io in questo momento per spiegare come dopo il passaggio di Patrick non resta niente sullo schermo e nemmeno nello spettatore.
Neil Jordan, strutturando il film in capitoletti, probabilmente ha voluto dare una struttura organica alla pellicola, ma facendo così l’ha frammentata a tal punto che ogni segmento è slegato dall’altro, con il solo Patrick a fare da collante.
E all’interno di questi segmenti si affastellano molti personaggi secondari che finiscono nel dimenticatoio in un istante a causa della loro inconsistenza, e della strabordante invadenza di Patrick.
Buonissime invece le musiche che accompagnano il percorso di Patrick scandendo i momenti importanti della sua vita.

È la prima delusione che Neil Jordan mi dà. Vabbè aspetto con trepidazione Ondine, la sua ultima fatica che potrebbe essere presentata a Cannes 2009.

2 commenti:

  1. per me un gran film, l'ho visto due volte al cinema.
    è quello meno "realista" fra i film di Jordan, ma inizia e finisce come una fiaba, una fiaba terrena, in cui gli aspetti crudeli della vita vengono affrontati con dolore e leggerezza insieme.
    E' un film a parte, da valutare con un metro diverso, ogni tanto co sono film così, credo.

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  2. Meno realista? DImentichi In compagnia dei lupi forse :). Comunque per quel che me ne ricordo io non ero entrato minimamente in sintonia col protagonista, anzi l'avevo trovato piuttosto antipatico. Poi ovvio che per un film vi sono altri criteri di valutazione, però diciamo che si partiva col piede sbagliato.
    Oh, il tuo commento cade a fagiuolo, ho pronta la visione di Ondine, vediamo com'è!

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