È il
2014 e siamo in un piccolissimo villaggio chiamato Pesky (in Rete la
traduzione che pare essere più corretta è Pisky), non lontano da
Donetsk,
nel bel mezzo degli scontri armati del Donbass, una delle tante
guerre che insanguinano il nostro pianeta. A condurci lì è il
filmmaker belga Pieter-Jan De Pue che si focalizza sugli ultimi
abitanti ancora presenti, Svetlana e Anatoli, una coppia di
apicoltori che nonostante i continui bombardamenti e la devastazione
circostante non vuole abbandonare la propria amata attività. Girls
and Honey (2017)
si gioca le sue carte contrapponendo le api agli uomini, attraverso
il commento di Anatoli viene mostrato quanto le prime siano animali
capaci di creare una comunità che funziona, ordinata, laboriosa,
mite, avversa alla confusione e dedita alla produzione, per opinione
di Anatoli, del secondo bene indispensabile di cui necessità un
uomo: il miele (il primo sono le donne come da titolo), mentre gli
esseri umani del corto sono un’accozzaglia di guerriglieri che si
ammazzano da una trincea all’altra, che lanciano granate, che
cantano sguaiati, che bevono, che distruggono in nome di un credo
politico. Il contrasto si accentua anche nelle due ambientazioni
antitetiche, i verdi campi con il giallo sgargiante dei girasoli
versus il grigiore delle fosse piene di detriti e spazzatura.
Visto
il materiale a disposizione credo che De
Pue avrebbe potuto dilatare di molto il minutaggio esplorando così
meglio la realtà che era andato a scovare, il contenitore di tempo
scelto comprime troppo le tematiche affrontate al punto che, vista la
rapidità dei capovolgimenti di fronte, sembrerebbe quasi di trovarci
al cospetto del trailer di un qualcosa di più lungo che invece tale non è. Resta la (seppur brevissima) testimonianza sul campo di
battaglia al fianco dei soldati ucraini, al fragore delle
mitragliatrici e ai rimbombi dei missili, per impatto cinematografico
direi: non male!, però è giusto un aperitivo che non sazia. Anche
l’altro lato della faccenda, i coniugi Kosack e il loro miele
luccicante, aveva i mezzi per dare uno spessore emotivo alla storia,
ma il regista ha scelto di non andare oltre e noi non possiamo che
accettare la decisione.
Di
De Pue si dice bene del precedente The
Land of the Enlightened (2016),
se qualcuno sa è pregato di fornire ragguagli.
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