martedì 3 settembre 2019

To Guard a Mountain

Piccola parabola che giunge dalla Macedonia sebbene il suo autore, Izer Aliu, pur avendo origine balcaniche vive ed opera in Norvegia, nazione dove nel 2012 si è laureato presso la Norwegian Film School proprio grazie Å vokte fjellet, un corto che sembra avere un debito estetico verso la ruralità della cinematografia turca recente, ambientazione agreste con tanto di famiglia autoctona, panoramiche che esaltano l’asperità delle montagne, mocciosi che stabaccano sentendosi degli adulti, ecco dove Aliu vuole portarci: in un’illustrazione veritiera e verace di due bimbi macedoni e del mondo che li circonda, delle responsabilità di un ragazzetto che non riguarderebbero nessun altro suo coetaneo cittadino di un qualsivoglia paese definibile come “civilizzato”: Isa non è a guardia della montagna, ma della famiglia, del fratellino, dell’agnello fuggito, incombenze che metterebbero a dura prova un uomo, figuriamoci un undicenne o giù di lì, ma questa è la realtà del posto ed è esattamente ciò che il film trasmette con maggiore rispettabilità configurando un affresco bucolico che è anche il suo miglior – finanche minimo – pregio.

Perché il centro narrativo del racconto, ovvero Isa, ed il corrispettivo sviluppo emozionale-formativo è un artefatto costruito ad hoc per evidenziare le difficoltà del protagonista nel vivere in un luogo che ti obbliga a crescere in fretta. Non c’è scandalo né fastidio in un’impostazione lineare che apparecchia sulla storia gli intenti prefissati, l’atteggiamento comprensivo del padre nel finale che corona un po’ il senso ultimo dell’opera è piacevole da registrare perché mostra dell’umanità anche dietro una persona grezza forgiata dall’habitat in cui è calato, però non si può andare davvero al di là di siffatte congetture e le possibilità che tra non molto tempo To Guard a Mountain evapori dalla nostra mente sono parecchio elevate.

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