C’è molta umanità in
questo documentario del 2013 intitolato Sobre la marxa
nonostante sulla scena ci sia solo un uomo, un anziano signore che
costruisce i propri sogni legando rami e rametti tra loro, ma la
quantità non c’entra, è nella singolarità, nelle nicchie
nascoste che si celano ricchezze incalcolabili, che poi, tradotto in
cinemese, si tratta nient’altro di storie da poter raccontare,
belle storie, sorprendenti, romantiche, umane, appunto, e direi che
nello specifico quella del catalano Josep Pijiula alias
Garrell ha tutti i succitati crismi per essere un racconto da
ricordare, e se lo spettatore ricorda è perché ne ha subito il
fascino, cosa accaduta anche al debuttante Jordi Morató che sentì
parlare di Garrell da un amico e che, una volta recatosi sul posto,
rimase subito incantato dalle sue creazioni e immediatamente dopo
dalla persona stessa, sicché la somma degli addendi è venuta
facile: Sobre la marxa è un film che si è fatto da solo, che
dà voce ad un sudore antico versato a fiumi senza che ci fosse
razionalmente un perché, e ciò è bellissimo perché lontano da una
forma di lucro (almeno così pare) e lontano da un qualunque altro
tornaconto, il signor Garrell ha fatto ciò che ha fatto solo per il
gusto di farlo, in una sincerità e con un’abnegazione che hanno
solo i bambini e gli artisti, categorie a cui il protagonista
appartiene senza neanche saperlo: “potrei stare a casa seduto sul
divano o farmi una passeggiata come il 90-99% delle persone, ma io
preferisco complicarmi la vita e fare cose che nessun altro fa”.
Non nuovi da queste parti
a ritratti donchisciotteschi di tal fatta (ricordiamo due film di
Alessio Rigo de Righi che si accomunano per quanto riprendono a
quello sotto esame: Catedral [2009] e Il solengo
[2015]), così come personaggi non poi così dissimili da Garrell
possono trovarsi parecchio vicino a noi (Selva di Sogno, nei pressi di Siena, ne è un esempio), l’affresco restituito da un digitale che
dialoga col found footage è piacevole da seguire in ogni suo
sviluppo che poi sviluppo non è visto che, in una specie di legge di
Lavoisier, la vita di questo artista deceduto nel 2016 è sempre
sembrata progredire circolarmente attraverso il principio di
nascita-morte-rinascita dove il fuoco e l’acqua rappresentano gli
organi capaci di generare l’infinito loop, il che stimolerà
inevitabilmente il cervello osservante il quale potrà leggere negli
sforzi di Garrell paralleli esistenziali magari non così folgoranti
ma nemmeno così banali, in fondo siamo tutti dei potenziali
edificatori di sogni, il problema è cercare di fronteggiare la
maledetta concretezza che ci assedia, e qui veniamo ad un altro
apprezzabile risvolto che vede Josep come un baluardo
dell’immaginazione sempre sul punto di soccombere sotto i colpi di
un nemico proteiforme (i vandali, l’autostrada, la polizia) al
quale però riesce a sfuggire per ricominciare ancora una volta da
capo. E tragicomici, nonché più realistici di quanto non
sembrerebbe poiché traslazione delle proprie paure, sono i filmini
d’epoca girati da un ragazzino che mettono in finzione nella realtà
i desideri e i timori di questo straordinario soggetto. Straordinario
ed herzoghiano aggiungo (infatti Herzog è apprezzato da Morató),
folle inconsapevole che ci interroga su chi sia davvero il pazzo,
se chi assembla o chi disgrega, se chi congiunge o chi stupidamente
separa.
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