Nel suo quarto d’ora
Keshinomi (2014) si alterna su una duplice pista: c’è una
donna in ospedale che sta per abortire e c’è nel nitore di un
paesaggio innevato un vecchietto e un bambino disabile che avanzano
nella neve. Quello che sicuramente non c’è è una possibile
connessione tra queste due visioni, almeno ad un livello banalmente
tramico, perché se invece scavalliamo l’essere duplice sullo
schermo, ecco che un legame lo si trova comunque, e nel campo del
sensibile, area di suggestioni ad alto indice di soggettività.
Quindi l’eclettico Isamu Hirabayashi è uno che ha fiducia nello
spettatore e nella possibilità di dare un proseguimento, ed un
senso, all’interno di esso, nobile intento che chi scrive perora da
tempo e che si auspica possa essere un atto intrapreso sempre più
spesso nell’odierna settima arte. Detto ciò Keshinomi non
mi è piaciuto affatto: l’effetto che il giapponese sortisce è
comunque fiacchetto nonostante i presupposti appena menzionati, alla
bellezza di essere privi di tracce definite e incanalanti corrisponde
un’esperienza minima di cinema dove sotto sotto la lettura del
tutto si fa perfino troppo facile e dove la gamma di sentimenti che
sulla carta potrebbero risultare potentissimi, resta invece
imbozzolata in una struttura che risente di una certa schematicità,
per dirla in modo diretto: è troppo chiaro (laddove al posto della
luminosità sarebbe necessario l’atro mistero, quello vero) che il
bimbo della montagna è, o sarebbe, lo stesso bimbo nella pancia
della mamma, lo sforzo artistico è basso tanto quanto quello che si
fa per comprenderlo.
Hirabayashi sembra
possedere delle idee, il che non spiace, al contempo però tali idee
non paiono ancora focalizzate in una direzione appagante, e
ricordando che si occupa anche di animazione per i più piccoli, ad
oggi il regista nipponico ha sfornato una gran bella cosa come
Aramaki (2010), ed altre (in ordine di preferenza) più di un
gradino sotto, vedi Soliton (2014) e Shikasha (2010) a
cui adesso si aggiunge Keshinomi. Si resta sempre in attesa di
un debutto nel lungo da parte di Hirabayashi, il banco di prova che
aspettiamo frementi (vabbè, senza esagerare).
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