Se si è in cerca di
cortometraggi sommersi e se soprattutto i suddetti battono bandiera
lusitana, uno dei nomi che più ritorna è proprio quello di Sandro
Aguilar, produttore classe ’74 (è uno dei finanziatori di Miguel
Gomes fin dai tempi di A Cara que Mereces, 2004) ma anche
regista con un curriculum zeppo di short movie (ad oggi IMDb ne conta
ben sedici più due lungometraggi: A Zona [2008] e Mariphasa [2017]).
Visto che Dive: Approach and Exit (2013) è finora l’unico
titolo che il sottoscritto ha potuto saggiare di Aguilar, l’eventuale
giudizio naviga a vista nel mare delle possibilità immediate, ed una
tale similitudine marinara si coniuga con efficacia all’opera in
esame data la certezza di non essere oggetto evidente né letterale,
c’è, appunto, un’anonima zona portuale nel cuore della notte,
come se qualcuno avesse dato una mano di ambra e ruggine a L’uomo di Londra (2007), e ci sono container, cavi, fari, gru, ganci,
tute catarifrangenti, gabbiani che volano alti nel buio della notte,
ed ognuno di tali ingredienti entra nel cinema di Aguilar attraverso
una messa in sequenza molto rapida che – credo – abbia come fine
ultimo quello di creare uno stato di concitazione interna, un momento
in cui tra lo sciabordare del mare e i sibili del vento si osserva
un’azione filmica di cui non si sa assolutamente nulla ma che
comunque sia catalizza l’attenzione.
Ed il non sapere che cosa
stia accadendo (leggi: che cosa quel palombaro stia cercando sotto le
stagnanti acque del porto) è tutta la vita una qualità piuttosto
che una mancanza, Dive: Approach and Exit non avrà in sé la
forza di rivoluzionare l’esperienza-cinema ma si segnala per una
caratteristica nient’affatto disdegnabile che è la capacità di
una narrazione “sensibile”, un caso minore ma pur sempre un caso
di film-che-si-sente più che, banalmente, di un film che si vede. Ad ogni modo
Aguilar non si limita alla seppur appagante stimolazione celebrale,
poco dopo l’immersione dell’uomo, ad un’immagine fissa della
mdp puntata sulla superficie del mare si accosta quella di un bambino
che sembra non riuscire a prendere sonno, proprio qui, in
un’associazione che all’apparenza non ha spessore, si colloca
l’apertura di un cinema che ha potenza nell’incertezza che
trasmette, ci sono infinite possibilità su chi possa essere quel
bimbo così come potrebbe non essercene nessuna, nello spazio che sia
crea tra i due estremi pulsa la proiezione di Dive: Approach and
Exit, non dateci nessuna sicurezza e saremo felici.
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