Il dramma sentimentale
filtrato da un’atmosfera scandinava che ha perfetta
impersonificazione nei lineamenti elfici di Ellen Dorrit Petersen, si
coniuga all’inventiva del debuttante Eskil Vogt già stretto
collaboratore di Joachim Trier per il quale ha firmato le
sceneggiature di Reprise (2006) e di Oslo, August 31st
(2011). Aria algida sì, ma anche tentativo di movimentare la
faccenda, dunque: l’obiettivo di Vogt era quello per nulla semplice
di farci vivere in prima persona i pensieri di una donna cieca, detto
brutalmente ritengo che Vogt su questo piano non abbia soddisfatto in
pieno le previsioni, Blind (2014) è un cinema che non prova
nemmeno la strada del sensoriale, azione invece auspicabile visto
l’argomento affrontato, per, al contrario, tentare di stimolare i
sensi attraverso la scrittura e la correlata costruzione fittizia.
Non si riesce ad accedere in una soggettività, non vestiamo i panni
di Ingrid, ne rimaniamo fuori, lucidi testimoni di una storia che si
intreccia al di là di noi, che è romanzo, che è teatro, ed è un
peccato perché se Vogt fosse riuscito a dare un taglio maggiormente
affrancato dalla penna che per mestiere stringe in mano, Blind
avrebbe potuto svilupparsi in una direzione molto più
destabilizzante.
Di sicuro è però un
film che non annoia, una volta compreso il meccanismo e superato
l’iniziale disordine narrativo, l’esibizione dell’insediamento
nella mente della protagonista è costellata di apprezzabili trovate che
mantengono in vita l’opera (quella del set cangiante che si
ripresenta più volte merita un plauso e rappresenta l’intuizione migliore in
rapporto alla manovra di penetrazione celebrale). L’offerta di Vogt
in relazione alle elucubrazioni di una non vedente autoreclusasi nella
propria abitazione innerva in modo originale le “solite”
questioni annesse ai problemi relazionali; l’esposizione delle
ossessioni nascoste nella mente umida della donna creano un registro
che col passare dei minuti si fa sempre più ludico arrivando a
sconfinare nella commedia (le donne al party immaginate insieme al
marito), ne deriva che sebbene lo spettatore non è in grado di esperire
davvero la visione, perlomeno viene continuamente gabbato, ed una
tale tendenza all’inganno non può che essere vista benevolmente
perché lo scambio mentale dei ruoli, l’avvicendarsi delle pedine
da parte della burattinaia Ingrid, il dispiegamento delle sue turbe
che alla fine rivelano lo stato di apatia in cui essa stessa versa,
sono tutti elementi che trattengono, parlo di quella spinta
che porta a chiedersi che cosa potrà accadere da una sequenza all’altra.
Impreziosito dall’occhio
chirurgico di Thimios Bakatakis, il direttore di fotografia che sta
dietro alla new wave greca, Blind è un film che afferma una
nuova nicchia autoriale proveniente dalla Norvegia e che ha Joachim
Trier come portabandiera, probabilmente di grandi capolavori non ne
vedremo mai, resta la consapevolezza, almeno, che avvicinandoci a
questo cinema potremo trovare una più che accettabile qualità di
fondo.
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