Cortometraggio giapponese che, come altri suoi simili, conosce a menadito l’alfabeto dell’intimità e con semplicità propria (la tecnica grafica simula la delicatezza degli acquerelli adagiati su un cartoncino) trasmette coordinate ancora più semplici: il ricordo, la vita, l’amore: il ricordo dell’amore di una vita. Kunio Katô, animatore dal curriculum piuttosto striminzito ma ingioiellato da una statuetta dell’Academy, centra deliziosamente la sezione allegorica attraverso simbologie inattaccabili; l’alta marea diventa l’oblio che copre il ricordo, ogni piano della casa una tappa personale che, con nostalgia, avvicina al cielo, la discesa verso il fondale un’interna macchina del tempo che ha nella memoria la sua inesauribile, e forse anche dolorosa, benzina.
Il motivo per cui una gocciolina come questa nel mare magnum del cinema odierno riesca a proiettare dritta nel cuore la tenerezza della vecchiaia e tutti gli ingredienti che rendono questa stagione esistenziale un viale in autunno, rimane un mistero. Che non necessita di essere svelato.
Dietro la patina della visione c’è quell’incantesimo che prende il nome di empatia, un sentimento profondo come il mare ivi illustrato: vedere La maison en petits cubes (2008) significa indossare un berretto da marinaio fumacchiando una fedele pipa; è il sentire l’appartenenza di questa piccola storia che si modella nella previsione dell’avvenire: quanti piani abbiamo costruito? Quanti ancora ne costruiremo? Quanto è lontano il fondo? Quanto è vicino il ricordo?
Intensa meraviglia, penetrante bellezza.
Il motivo per cui una gocciolina come questa nel mare magnum del cinema odierno riesca a proiettare dritta nel cuore la tenerezza della vecchiaia e tutti gli ingredienti che rendono questa stagione esistenziale un viale in autunno, rimane un mistero. Che non necessita di essere svelato.
Dietro la patina della visione c’è quell’incantesimo che prende il nome di empatia, un sentimento profondo come il mare ivi illustrato: vedere La maison en petits cubes (2008) significa indossare un berretto da marinaio fumacchiando una fedele pipa; è il sentire l’appartenenza di questa piccola storia che si modella nella previsione dell’avvenire: quanti piani abbiamo costruito? Quanti ancora ne costruiremo? Quanto è lontano il fondo? Quanto è vicino il ricordo?
Intensa meraviglia, penetrante bellezza.
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RispondiEliminaGià mi basta quell'immagine per incantarmi
RispondiEliminaLo ricordo come un corto malinconico e delicato. molto consigliato.
RispondiEliminaAssolutamente. Ciao imp ;)
RispondiEliminaUn piccolo capolavoro, secondo me. Assai miglior di tutti i successivi corti di animazione vincitori dell'oscar.
RispondiEliminaCiao
Anche secondo me (sul capolavoro).
RispondiEliminaE, per ciò che ho visto, anche sulla superiorità dei successivi corti iridati. In passato (2000) c'è però un'eccezione: Father and Daughter.
Delizioso... Meraviglioso!
RispondiEliminaQuesto proprio non lo conoscevo.
Grazie...
Di nulla!
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