sabato 27 giugno 2009

Apocalisse nel deserto

Cinquanta minuti di puro Herzog.
Quel concetto che va sotto il nome di verità intensificata rintracciabile nei lavori del regista bavarese, soprattutto quelli documentaristici, qui si esplicita in tutta la sua forza.
Apocalisse nel deserto documenta il periodo storico appena successivo alla Guerra del Golfo (1991), ma a tale conflitto non viene mai fatto riferimento; anche la posizione geografica non viene specificata, la voce fuori campo dice soltanto: “Un pianeta del nostro sistema solare.”
Dunque un luogo imprecisato, così come sono imprecisate le ragioni per cui in queste terre aride affiorano laghi di petrolio che visti dall’alto sembrano specchi d’acqua poiché riflettono il cielo.
Ma c’è un gioco sottile che coinvolge lo spettatore per cui egli sa quali sono le motivazioni storiche e reali che hanno provocato tale distruzione.
Se Herzog avesse contestualizzato il suo documentario non avrebbe fatto altro che riproporre immagini già viste nei telegiornali di tutto il mondo (ricordo che la Guerra del Golfo fu la prima guerra seguita praticamente in tempo reale dai media). Compiendo questa astrazione storica e geografica egli riesce a trattare un argomento conosciuto da tutti utilizzando una chiave di lettura originale che sembra, in alcuni tratti, la prosecuzione naturale di Fata Morgana (1971). Discorso, questo, che si concluderà nel 2005 con L’ignoto spazio profondo.

Il film è strutturato in tanti brevi capitoletti che hanno nomi particolari, il più interessante è a mio avviso l’ultimo: Vita senza fuoco, in cui si mostra come degli operai che si sono adoperati per spegnere un incendio terribile, lanciano una torcia infuocata riaccendendo una fontana di oro nero (spettacolare ‘sta scena). E si compiacciono di fronte a quelle protuberanze infuocate che si ergono dal terreno, alcuni di loro sorridono fumando una sigaretta. Ecco, questa scena mi ha spedito dritto dritto alla scimmia ingabbiata di Echi da un regno oscuro (1990). Anche loro sono imprigionati. Vivono in un vortice equilibrato fra lo spegnere e il riaccendere, l’uccidere e il ridonare vita per poi uccidere ancora. Un po’come nella guerra.

Certo è che la presa sullo spettatore non è propriamente ferrea. È affascinante vedere pozzi di petrolio in fiamme, ma dopo 50 minuti potrebbe allentare un attimino l’attenzione.
Forse, però, il pregio maggiore sta proprio nella sua breve durata, se proprio non vi piacesse pensate al fatto che avete buttato via neanche un’ora della vostra vita, c’è chi guardando Pomeriggio 5 ne spreca due o tre al giorno…

Il dvd della RHV contiene anche il documentario La Soufrière (1977).

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