domenica 28 agosto 2022

Cuba Libre

Cuba Libre (2013) sembrerebbe una mosca bianca all’interno del curriculum di Albert Serra, vista la sua inclinazione a smitizzare e decostruire in questo corto non si ravvisa, almeno di primo acchito, niente di tutto ciò perché l’area di ripresa è ridotta in un gay bar sbrilluccicoso dove lo stesso Serra, in un inglese biascicato, introduce un cantante di colore che si esibisce in una impegnata performance di fronte ad uno sparuto gruppo di avventori. Se avvolgiamo il nastro dei ricordi non sfuggirà che l’autore catalano aveva già fatto un film “musicale”, mi riferisco a Crespià (2003) ma lì Serra non era ancora Serra, mentre qui lo è eccome e per comprendere Cuba Libre non bisogna concentrarsi sulla sua componente sonora bensì sulla dedica che chiude il film: “for Günther Kaufmann”. Kaufmann è stato un attore simbolo di Rainer Werner Fassbinder e proprio del regista tedesco Cuba Libre, che risulta essere il cocktail preferito di Hanna Schygulla in Attenzione alla puttana santa (1971), è un grande tributo. Leggo in Rete informazioni riguardanti la rappresentazione in miniatura di alcuni stilemi fassbinderiani, li accolgo alla cieca perché Fassbinder è uno dei tanti buchi cinematografici che non ho mai stuccato, però la scelta di un omaggio del genere apre ad una riflessione che segue sotto.

Siamo così certi che Cuba Libre sia un’anomalia per Serra? Forse apparirò un po’ limitato nel mio vicolo interpretativo perché userò la stessa chiave di lettura adottata per El Senyor ha fet en mi meravelles (2011), però sotto sotto mi pare che il buon Albert mantenga un’alta coerenza nei suoi manufatti artistici, una strategia, una tattica votata sempre e comunque ad un unico punto, quello di sfatare una mitologia. Ok, non saremo nella tronfiezza funebre di The Death of Louis XIV (2016) o nell’asettica geometria di Roi Soleil (2018), ma un nuovo atto di affettuosa lesa maestà si compie laddove il mito in questione non è altro che Fassbinder. Ri-ok, come detto non conosco Fass per cui non risulto particolarmente credibile, tuttavia ho riscontrato una messa in scena tipicamente serriana dove una velata farsa è sempre dietro l’angolo, è la sua capacità di mettere soggetti improbabili nei panni di giganti (il discorso non vale per Jean-Pierre Léaud), per farli razzolare dentro la sacralità, la letteratura, la Storia. O il cinema. Non è un caso allora se i personaggi presenti nel bar siano fedelissimi di Serra, Lluís Carbó (il Don Chisciotte di Honour of the Knights, 2006), Xavier Gratacós e l’onnipresente controfigura Lluís Serrat, per celebrare la settima arte di Fassbinder Serra la scompone con i suoi ferri del mestiere. Ordinaria amministrazione concettuale.

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