Non si può parlare di forma perché a questi livelli nove su dieci il tasso di professionalità raggiunto è difficilmente attaccabile, citiamo allora la possibile ispirazione che sembra provenire da quella vena aurea francese che ha fatto le fortune del primo Xavier Dolan, in più Conceição segue la tendenza di alcuni colleghi lusitani (vedi Miguel Gomes) nell’ammantare la vicenda con un velo che non si potrebbe definire favolistico sebbene in un certo qual modo lo sia. Detto ciò non c’è stato nulla in Bad Bunny che sia stato capace di destare realmente la mia sonnacchiosa attenzione, il legame sottilmente perverso tra i due fratelli è innocuo, la malattia di lei in rapporto ai sentimenti che lui prova dà fiato ad una conclusione risibile (il “coniglio” [che vorrebbe essere lupo] doma la gelosia pur di soddisfare i desideri della sorella? Mah...), non meno fragile dell’impostazione narrativa antecedente (la madre ed il macho stereotipato). In tutta onestà mi aspettavo di meglio.
mercoledì 26 maggio 2021
Bad Bunny
È forse
ingiusto, nei confronti del regista di turno, argomentare a proposito
di un suo lavoro senza aver visto nemmeno un minuto di quelli
precedenti, soprattutto se il regista in questione è Carlos
Conceição, ennesimo virgulto della scuderia portoghese con alle
spalle una decina di corti ed una specializzazione in materia sonora
alla corte di João Pedro Rodrigues, ma, inevitabilmente, per forza
di cose bisogna pur iniziare da qualche parte e così, prendendo
Coelho Mau (2017) per ciò che risulta essere al sottoscritto,
ovvero un cortometraggio presentato a Cannes ’17 diretto da un
tizio nato nel ’79 in Angola, mi sento di dire che ci troviamo al
cospetto di un prodotto ben poco rilevante, un oggettino ordinario
che, al pari di molti altri, affolla le competizioni di categoria nei
vari festival del mondo.
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