venerdì 11 marzo 2011

Lost in Beijing

Pechino. Il padrone di un centro per massaggi approfitta sessualmente di una delle sue ragazze ubriaca persa. Poco tempo dopo si viene a sapere che la ragazza in questione è rimasta incinta, così suo marito, che tra l’altro aveva assistito allo stupro, ricatta il boss chiedendogli del denaro.

Brevemente.
La regista Yu Li (o Li Yu, chissà) attua una scelta tecnica di rilievo, essa abbandona quasi totalmente ogni variazione di campo in favore di un uso continuo della macchina a mano che segna tutto il girato in costante dialogo “corporale” con gli attori. Lost in Beijing (2007) è un film che fa della dinamicità il proprio carburante, il long take, quanto mai short, ne diventa la concretizzazione.
Per quanto concerne la storia raccontata siamo in presenza di un’intersecazione di generi partendo da situazioni simil-erotiche (l’amplesso sotto la doccia) a parentesi comiche (la gara per essere il papà del bimbo con il boss sugli scudi) fino a squadernare la vera essenza, ovvero quella di un testo inzuppato nel sociale con la rappresentazione scenica di due ceti a confronto, della povertà e del lusso (l’antitesi fra le case delle due coppie), della mancanza e dell’opulenza (chi vende il proprio amore per un po’ di soldi, e chi tenta di comprarlo da una prostituta).
Alla fine il cocktail è digeribile senza però lasciare tracce significative.
Più che altro appare buffo come la Cina abbia maltrattato questo film – censure, tagli, minacce agli autori – il quale non mostra nulla che non possa accadere anche al di fuori di questo paese, come dire, la Cina è veramente vicina.
Molto belle le musiche.

4 commenti:

  1. Avevo letto di qualche critica, ma mi aspettavo tutt'altra trama.
    Da recuperare.

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  2. Se hai tanto tempo libero sì, se no il consiglio è di andare pure a pescare altre cose.

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  3. Hai un concetto di comicità piuttosto curioso...Il film è decisamente un melò dall'inizio alla fine. Veramente ottimo

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  4. Infatti c'è scritto "parentesi comiche"...

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