Avevamo lasciato Ricardo Darín in Nove regine (2003) nei panni di un brillante truffatore sempre pronto ad ingannare il prossimo per subirne alla fine le beffarde conseguenze, qui lo ritroviamo nelle vesti di un timido imbalsamatore dalla portentosa memoria visiva che coltiva il sogno di fare il colpaccio della vita per arricchirsi.
Parimenti avevamo salutato Fabián Bielinsky che raccontava una storia dai toni leggeri, con spruzzate di ironia incentrate sulla preparazione di un grande furto, qui invece le cose cambiano perché l’atmosfera di El Aura (2005) è costituita da colori molto più cupi e picchi di elevata drammaticità, sebbene comunque il traino dell’opera sia nuovamente la realizzazione di un’azione illegale e nello specifico l’assalto ad un camioncino portavalori.
Piccola nota triste, Bielinsky non potremo dire di ritrovarlo in futuro perché muore nel 2006 a seguito di un attacco cardiaco.
Quella che poteva essere una grande carriera iniziata con un film incoraggiante come quello del 2003, termina repentinamente con The Aura, pellicola potenzialmente in grado da fungere da trampolino di lancio e che invece si trasforma in un epigramma funerario messo lì a ricordarci di quanto il cinema ci abbia rimesso perdendo Bielinsky, ma che comunque nella tragedia ha guadagnato qualcosa non da poco: un gran bel film.
The Aura è un ibrido, un incontro di vari generi che vanno dal noir al crime drama, o forse esso è un film meno “mosso” di quanto possa sembrare perché focalizzato in ogni caso su un unico punto: quello del colpo al furgone. Cercare di inquadrarlo appare un’operazione difficile finanche inutile, vale allora ammettere che ha un’essenza anticonvenzionale, e questa deviazione dalle battute strade del genere (quale sia non è davvero così importante) la si ha per 3 motivi:
A) Il protagonista Esteban è l’omino medio infilato in un pasticcio molto più grosso di lui. È una figura fallibile, dimessa, anche debole visti i suoi attacchi epilettici che lo tormentano – l’aura è proprio quell’istante che precede la crisi, un istante di buio che nemmeno il cinema riesce a schiarire –, e la memoria incredibile che possiede alla fine si rivela fallace come la sua personalità.
In un paragone per cui potrei essere fucilato, Esteban non solo è una figura opposta al Mr. Ocean di Soderbergh, ma anche la rappresentazione di un cinema che procede per meccanismi inversi a quello hollywoodiano (la rallentata entrata in scena del colpo che si delinea a film avanzato, la “mente” della banda che viene derisa da un altro componente, la repentina morte di un ragazzino innocente) e che se da una parte non potrebbe competere nell’incasso ai botteghini, dall’altra assume contorni che non fanno dubitare troppo degli avvenimenti rappresentati, ché qui di cinesi contorsionisti dentro caveau a prova di bomba non ce ne sono.
B) Il plot è molto particolare perché come scritto sopra la pellicola non si concentra dall’inizio sulla pianificazione della rapina, lo fa per gradi con un procedimento delicato che getta le uniche ombre su un film altrimenti limpido nella sua tragicità; accettare che un uomo non proprio avvezzo a districarsi nel mondo del crimine riesca a ricostruire nella sua testa un complicato piano risulta un po’ poco credibile, tuttavia superata tale empasse The Aura decolla dalla scena al chiaro di luna, miniatura di una resa dei conti stile Eastwood, in cui avviene uno spiegamento della storia e un dispiegamento di emozioni da parte dello spettatore. Tra l’altro Bielinsky gioca con noi fin da subito con la primissima inquadratura che vede Darín a terra, una premonizione che si percepisce ritornerà inevitabilmente in alcuni momenti clou del lungometraggio.
C) Eppure non è tutto qua. Anzi c’è un elemento distintivo, un vero e proprio blocco a parte capace di avvolgere l’opera in un misticismo herzoghiano dove veniamo imbambolati al pari dell’ottimo Darín. Sarà la foresta (da qui parte la vera storia con l’omicidio), scenario da sempre e per sempre di un’originarietà che affonda le sue radici nella terra e prosegue negli altissimi tronchi scultorei che non lasciano trapelare segreti (e qui la storia finisce con il massacro conclusivo), saranno le notevoli musiche di Lucio Godoy che ricordano per tensione e continua riproposizione quelle di Arvo Pärt in The Banishment (2007), sarà magari qualcos’altro che (sopran)naturalmente non ho colto, però il tutto ha la qualità di saper trattenere non solo l’attenzione ma anche il fiato.
Le sinfonie di Vivaldi che aprono e concludono El Aura racchiudono in sé un bell’esempio di cinema che a mio avviso non avrebbe sfigurato affatto nel nostro paese. Peccato che i distributori non l’abbiano adocchiato.
Parimenti avevamo salutato Fabián Bielinsky che raccontava una storia dai toni leggeri, con spruzzate di ironia incentrate sulla preparazione di un grande furto, qui invece le cose cambiano perché l’atmosfera di El Aura (2005) è costituita da colori molto più cupi e picchi di elevata drammaticità, sebbene comunque il traino dell’opera sia nuovamente la realizzazione di un’azione illegale e nello specifico l’assalto ad un camioncino portavalori.
Piccola nota triste, Bielinsky non potremo dire di ritrovarlo in futuro perché muore nel 2006 a seguito di un attacco cardiaco.
Quella che poteva essere una grande carriera iniziata con un film incoraggiante come quello del 2003, termina repentinamente con The Aura, pellicola potenzialmente in grado da fungere da trampolino di lancio e che invece si trasforma in un epigramma funerario messo lì a ricordarci di quanto il cinema ci abbia rimesso perdendo Bielinsky, ma che comunque nella tragedia ha guadagnato qualcosa non da poco: un gran bel film.
The Aura è un ibrido, un incontro di vari generi che vanno dal noir al crime drama, o forse esso è un film meno “mosso” di quanto possa sembrare perché focalizzato in ogni caso su un unico punto: quello del colpo al furgone. Cercare di inquadrarlo appare un’operazione difficile finanche inutile, vale allora ammettere che ha un’essenza anticonvenzionale, e questa deviazione dalle battute strade del genere (quale sia non è davvero così importante) la si ha per 3 motivi:
A) Il protagonista Esteban è l’omino medio infilato in un pasticcio molto più grosso di lui. È una figura fallibile, dimessa, anche debole visti i suoi attacchi epilettici che lo tormentano – l’aura è proprio quell’istante che precede la crisi, un istante di buio che nemmeno il cinema riesce a schiarire –, e la memoria incredibile che possiede alla fine si rivela fallace come la sua personalità.
In un paragone per cui potrei essere fucilato, Esteban non solo è una figura opposta al Mr. Ocean di Soderbergh, ma anche la rappresentazione di un cinema che procede per meccanismi inversi a quello hollywoodiano (la rallentata entrata in scena del colpo che si delinea a film avanzato, la “mente” della banda che viene derisa da un altro componente, la repentina morte di un ragazzino innocente) e che se da una parte non potrebbe competere nell’incasso ai botteghini, dall’altra assume contorni che non fanno dubitare troppo degli avvenimenti rappresentati, ché qui di cinesi contorsionisti dentro caveau a prova di bomba non ce ne sono.
B) Il plot è molto particolare perché come scritto sopra la pellicola non si concentra dall’inizio sulla pianificazione della rapina, lo fa per gradi con un procedimento delicato che getta le uniche ombre su un film altrimenti limpido nella sua tragicità; accettare che un uomo non proprio avvezzo a districarsi nel mondo del crimine riesca a ricostruire nella sua testa un complicato piano risulta un po’ poco credibile, tuttavia superata tale empasse The Aura decolla dalla scena al chiaro di luna, miniatura di una resa dei conti stile Eastwood, in cui avviene uno spiegamento della storia e un dispiegamento di emozioni da parte dello spettatore. Tra l’altro Bielinsky gioca con noi fin da subito con la primissima inquadratura che vede Darín a terra, una premonizione che si percepisce ritornerà inevitabilmente in alcuni momenti clou del lungometraggio.
C) Eppure non è tutto qua. Anzi c’è un elemento distintivo, un vero e proprio blocco a parte capace di avvolgere l’opera in un misticismo herzoghiano dove veniamo imbambolati al pari dell’ottimo Darín. Sarà la foresta (da qui parte la vera storia con l’omicidio), scenario da sempre e per sempre di un’originarietà che affonda le sue radici nella terra e prosegue negli altissimi tronchi scultorei che non lasciano trapelare segreti (e qui la storia finisce con il massacro conclusivo), saranno le notevoli musiche di Lucio Godoy che ricordano per tensione e continua riproposizione quelle di Arvo Pärt in The Banishment (2007), sarà magari qualcos’altro che (sopran)naturalmente non ho colto, però il tutto ha la qualità di saper trattenere non solo l’attenzione ma anche il fiato.
Le sinfonie di Vivaldi che aprono e concludono El Aura racchiudono in sé un bell’esempio di cinema che a mio avviso non avrebbe sfigurato affatto nel nostro paese. Peccato che i distributori non l’abbiano adocchiato.
E si chiude così un altro anno di cinema oltrefondiano fra varie insicurezze (le mia) e molte sicurezze (voi); ho visto tante cose in questi 365 giorni, sempre mai abbastanza, ovviamente, ma posso ritenermi soddisfatto.
RispondiEliminaProspettive per l'anno venturo? Beh, innanzitutto devo trovare il coraggio di affrontare Tarkovsky e magari subito dopo anche Sokurov. Poi credo che sia giunto il momento di avvicinarmi al cinema francese cercando al contempo di sondare quello italiano che checcé se ne dica annovera autori di talento. Inoltre non vorrei perdere di vista l'oriente, ampliando contemporaneamente lo sguardo sul Sud America perché è un luogo che potrebbe riservare delle sorprese.
Con ogni probabilità non riuscirò nemmeno nella metà di quanto detto, ma a meno di non sprofondare in una delle mie crisi blogger-esistenziali ci proverò, questo è sicuro.
Con il cinema ci risentiamo verso il 2 o 3 Gennaio (La bocca del lupo è un ottimo inizio d'anno, ve lo assicuro) mentre per il 31 arriva l'ultimo raccontino edificante, poi ci facciamo gli auguri e tiriamo giù la saracinesca su questo 2010.
gran film, fortunato chi riesce a vederlo.
RispondiEliminati faccio una piccola critica: siccome il titolo è "El aura", va be' tradurlo in italiano, ma perché nè El, nè L', ma The?
intanto buoni film russi e francesi, mi sa che quei russi toccheranno anche a me :)
complimenti per l'annata. questo sembra essere un ottimo film. le nove regine è già in programma, aggiungo anche questo. peccato per Bielinsky ...
RispondiEliminaciao
Lo so Ismaele, "The Aura" suona male, ma è dovuto al fatto che mi sono autoimposto una regoletta, ovvero che se il film non è stato distribuito da noi metto il titolo internazionale, ossia quello in inglese con annessa locandina. Potrebbe sembrare una cosa inutile (e lo sarà anche), però ha un minimo di senso per dare omogeneità al blog, poiché se ci troviamo di fronte ad un'opera orientale mettere il titolo originale diventa un po' problematico (chessò, "chik-oi chi yhoung") e allora preferisco anglofonizzare.
RispondiEliminaPoi sorgono spesso e volentieri difficoltà, del tipo che non trovo la locandina giusta oppure non capisco se il film ha avuto una distibuzione oltre i confini del proprio paese, diciamo che in queste cose sono parecchio puntiglioso e amo complicarmi la vita. :)
Ti piaceranno roby!!
aggiungo pure questo e... in bocca al lupo per i propositi per il nuovo anno!
RispondiEliminaansioso di leggerti nel nuovo anno..sai che adoro il tuo blog..auguri amico
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