lunedì 27 settembre 2010

La Jetée

La Jetée è un film del ‘62 di nemmeno mezz’ora che parla di e con frammenti.
Frammentata è l’impostazione che vede un susseguirsi di fotografie in bianco e nero commentate da una voce narrante, ma frammentato è anche e soprattutto il livello concettuale in cui si sviluppa il corto (più che sviluppo si potrebbe parlare di un “passo da gambero” dove il protagonista, semplicemente Un uomo, viene spostato indietro o in avanti nel tempo).

Evitando di impelagarsi in costose scenografie post-atomiche, Chris Marker riesce ad essere molto più efficace affiancando delle semplici immagini (lui è anche un fotografo) che costruiscono una storia in bilico fra fantascienza e (foto)romanzo sorretta da una palpabile malinconia di fondo.
I volti dei dottori implementati dalla plasticità delle loro pose hanno un riverbero diabolico, di contro i primi piani della donna – semplicemente Una donna – sono solari, amorevoli, pregni.
Il contrasto fra il presente radioattivo e il passato dell’infanzia è netto, una contrapposizione dicotomica eccellente che non perde fluidità sebbene venga raccontata attraverso tanti piccoli pezzetti.

La Jetée cita La donna che visse due volte (1958), altro film in cui lo spazio e il tempo si annodano su stessi in una spirale mortale, con la scena del tronco tagliato. Ma La Jetée a sua volta è la principale fonte di ispirazione de L’esercito delle dodici scimmie (1995). Gilliam “ruba” a Marker l’idea dell’uomo in viaggio nel tempo per riparare il presente, e vi immette le medesime ossessioni: un ricordo lontano, la presenza di una donna, un aeroporto, fino a ricalcarne anche il finale. Ma tutto 33 anni dopo e con mezzi maggiormente adeguati, il che mi sembra giusto dirlo. Ma è parimenti lecito dire che l’effetto complessivo di The Pier non perde un colpo in questo lungo lasso di tempo. D’altronde è di questo che il film parla, non è solo un uomo a viaggiare nel futuro, ma la pellicola stessa, riuscendo ad essere originale e affascinante tutt’oggi.

5 commenti:

  1. volevo ringraziarti.
    Ti seguo da tempo di nascosto. Credo tu sia una persona molto interessante. Credo di stimarti un po', ehehhehe.

    Comunque sia, ti devo molte riflessioni.
    E solo stasera ho deciso di farti un occhiolino con un mio (primo) commento...

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  2. Allora ti strizzo l'occhiolino pure io e aggiungo un grazie per la stima anche se non ho fatto nulla, a parte rendere pubblici i miei interessi. Ecco, più che interessante preferisco definirmi una persona interessata. Ufficialmente benvenuto (o benvenuta?) allora :).

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  3. grazie ^^
    (benvenuta, comunque)

    Il fatto che tu sia così interessato ti rende una persona interessante.
    Io ho scoperto recentemente questa passione per il cinema, saranno davvero pochi anni, e sento di aver scoperto una cosa fantastica che mi tocca intimamente. Rimpiango un po' di aver perso così tanto tempo, e sento che comunque sia, è davvero impossibile recuperare tutto il perduto.
    Ed è ancora più complesso non avere nessuno qui che riesca a comprendere l'arte presente in una pellicola.

    E' per questo che mi commuovo quando leggo alcuni tuoi post. Rivedo me, mi specchio, mi sento capita. E l'importante non è neanche che io sia d'accordo con ciò che scrivi o meno. E' che provi qualcosa di profondo. Che sei in grado di farti avvolgere da tutta questa straziante bellezza.
    Un inchino.
    Ti auguro una buonanotte.

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  4. Ma quale inchino dài! :D
    Al massimo sono io che devo ringraziare te se hai la pazienza o solo la voglia di stare a leggere quello che scrivo (anche se non avrei mai pensato di portare alla commozione, sicura che non ci fossero delle cipolle vicino al tuo pc?).

    In ogni caso bellissime parole Dark; sì, sono io che ringrazio te, decisamente.

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