mercoledì 1 settembre 2010

The Human Contract

Julian (Jason Clarke) è un brillante manager in carriera che non riesce ad ottenere gli stessi risultati nella vita privata. Problemi con la moglie sulla via del divorzio, vizietto di alzare le mani quando sarebbe meglio tenerle in tasca. Poi incontra Michael che a dispetto d’un nome maschile è una donna che trasuda sensualità da ogni follicolo pilifero (ci credo, è Paz Vega!), e la sua vita cambia.

Insipido drammone del 2008 che vede per la prima volta alla regia Jada Pinkett Smith, cantante e già attrice americana, moglie della superstar Will Smith con il quale recitò in Alì (2001).
Insipido si diceva, già. Storiella bolsa, patinata fin dal dialogo d’apertura che sembra (giuro!) lo spot di un nuovo alcolico per aperitivi. In successione viene mostrata la lontananza che intercorre fra il binario lavorativo di Julian, e quello della sua sfera personale. Un divario netto ma banale, di una scontatezza che fa sbuffare dove viene posto il classico paletto dell’infanzia difficile come origine del complicato presente. Poco, troppo poco per non evitare l’auto-afflosciamento.

Nemmeno la liaison con quella meraviglia del creato che risponde al nome di Paz Vega (ammiratela in Lucía y el sexo e poi venitemi a dire) conferisce una direzione convincente alla pellicola. Soprassedendo sulla pronuncia inglese della spagnola che è ancora tutta da affinare (ma a lei perdonerei qualunque cosa), si resta un po’ interdetti di fronte ad una figura femminile dall’indefinito spessore. Chi è Michael? Una coscienza, diciamo specchio per far riflettere l’inquieto Julian? Potrebbe. È però deprecabile il suo comportamento in date situazioni; non per dire ma l’accalappiamento di Julian sulla limousine con a bordo un’amica perizomata suona oltremodo ridicolo, sia per le porno moine della Vega che si passa la lingua sulle labbra mentre filma il quadretto erotico, sia per l’amica voyeur che si gusta Julian impegnarsi da ehm… dietro con Michael, e infine perché la bella Paz non si dimostrerà una tale mangia uomini o assetata di sesso, ma alle volte sensibile amante ed altre incomprensibile gatta sfuggente. Ripeto: un personaggio poco chiaro il cui ruolo nel film è molto nebuloso.

Anche il partner non ha goduto della mia stima. Julian è l’ennesima riproposizione stereotipata dell’agiato uomo contemporaneo che pur avendo tutto non riesce ad essere felice. Il problema non sta nel COSA, perché anche l’argomento più usurato può sempre sorprendere, ma nel COME, perché in un’epoca in cui tutto è ormai stato raccontato, i modi si impongono sui contenuti, e nel caso di The Human Contract stare a vedere quel che un manesco bellimbusto combina sa di perdita di tempo poiché già visto con più soddisfazione in altri ambiti.
Alcune scenette con Julian protagonista sono imbarazzanti; oltre alle già citate effusioni sulla limo, il mio dito va a puntarsi dritto come quello di Nelson con relativa risatina di scherno all’immotivata scenata di gelosia scaturita dal bacio fra Michael e marito. Ad un passo dal trash, in conclusione, il ceffone che il protagonista molla alla sua amante che si rovescia all’indietro sul tavolino di cristallo neanche fosse stata investita da un destro di Tyson.

Ma poi, dico io, può uno avere dei problemi se al mattino si risveglia nell’attico di Los Angeles fra lenzuola di seta con affianco Paz Vega mezza nuda mentre l’alba sta sorgendo sull’orizzonte? No dico, si può?

5 commenti:

  1. ...sono problemi che mi piacerebbe avere ogni tanto!

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  2. peccato che paz vega faccia filmetti così. d'altronde dalla moglie di will smith non mi aspetto grandi cose, visto che come attrice ha l'unico merito di aver fatto il grande collateral e... nient'altro di memorabile

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