Due amigos per la pelle (e per le palle) alle prese con alcune decisioni importanti nell’ultima estate. Quali studi intraprendere? Quali ragazze farsi stasera? Quante?
Poi arriva la moglie del cugino, caliente spagnola, e un viaggio con lei sugli asfalti del Messico fino alla stradina sterrata che porta alla Boca del Cielo.
Ritratto di un’adolescenza raccontata troppe volte per stereotipi dal cinema, in cui si amalgamano i soliti elementi portanti: l’alcool, il fumo, il sesso. Ingredienti presi e calati dalla realtà, senza dubbio alcuno, ma sterili – se resi così – ai fini del contenuto. Il presentimento di aver già veduto un Julio e un Tenoch in un film di Harmony Korine o chi per esso è forte, già dalle prime immagini già dalle prime battute. E il contorno di amici strafatti e genitori assenti anche se presenti non erige Cuarón ad innovatore di un genere sondato in lungo e in largo.
Però, il fatto che questa pellicola non sia un esempio di originalità da tramandare ai posteri non significa che sia da bocciare in toto. Anzi no, Y tu mamá también è, se visto a cuor leggero, anche un’opera gradevole per la vitalità che riesce a sprigionare, merito dell’ambientazione, del Messico formicolante e del Messico azzurro del mare (o del cielo), e merito dei due giovinetti che recitano naturali, da strada, con il loro slang preciso e l’immancabile Corona ghiacciata tra le mani.
Certo certo, ci sono brutture degne di nota nella sceneggiatura, veri piegamenti innaturali per favorire il realizzarsi di eventi – che “caso” il tradimento confessato ad Ana poco dopo la proposta del viaggio – o un paio di scenette messe lì per puro esibizionismo attira-babbei. E certo c’è tutto ciò, inevitabile forse trattando queste storie d’adolescenza trasgressiva, e pur vero però che l’interpretazione data da Cuarón è nel complesso una delle meno peggio, apprezzabile per la forza cinestesica che trasmette attraverso il viaggio, da sempre e per sempre luogo di cambiamento formazione e trasformazione, appaiata ad una percezione di stallo, di sosta, d’autunno. Andare avanti per fermarsi e poi ricominciare per fermarsi un’altra volta mentre i protagonisti alla ricerca di un luogo che non conoscono troveranno la strada sulla cartina dell’anima, in un viaggio interiore, sempre scanzonato e scurrile, ma che in un film così, con delle premesse così, non è affatto male.
In più il linguaggio del racconto è ricco. Cuarón ci va pesante con la camera a spalla ma non come ne I figli degli uomini (2006), è un passo quasi felpato, incerto, che si avvicina e allontana agli e dagli attori con un confortante e azzeccato timore. Giusto come le divertenti divagazioni della voce off preceduta da un risucchiamento del sonoro per sottolinearne il momento e cristallizzarlo, che ricordano più di un po’ le mirabolanti digressioni, ricche di colore, fantasia e inventiva, dei romanzieri latini. Teoricamente inutili ai fini della storia, ma piacevolissime da sentire.
Nella sua spontaneità il film è persino (a tratti) bello, soprattutto da vedere per la malinconia di un estate che finisce insieme ad un’amicizia; le cadute di stile ci sono, comunque.
Poi arriva la moglie del cugino, caliente spagnola, e un viaggio con lei sugli asfalti del Messico fino alla stradina sterrata che porta alla Boca del Cielo.
Ritratto di un’adolescenza raccontata troppe volte per stereotipi dal cinema, in cui si amalgamano i soliti elementi portanti: l’alcool, il fumo, il sesso. Ingredienti presi e calati dalla realtà, senza dubbio alcuno, ma sterili – se resi così – ai fini del contenuto. Il presentimento di aver già veduto un Julio e un Tenoch in un film di Harmony Korine o chi per esso è forte, già dalle prime immagini già dalle prime battute. E il contorno di amici strafatti e genitori assenti anche se presenti non erige Cuarón ad innovatore di un genere sondato in lungo e in largo.
Però, il fatto che questa pellicola non sia un esempio di originalità da tramandare ai posteri non significa che sia da bocciare in toto. Anzi no, Y tu mamá también è, se visto a cuor leggero, anche un’opera gradevole per la vitalità che riesce a sprigionare, merito dell’ambientazione, del Messico formicolante e del Messico azzurro del mare (o del cielo), e merito dei due giovinetti che recitano naturali, da strada, con il loro slang preciso e l’immancabile Corona ghiacciata tra le mani.
Certo certo, ci sono brutture degne di nota nella sceneggiatura, veri piegamenti innaturali per favorire il realizzarsi di eventi – che “caso” il tradimento confessato ad Ana poco dopo la proposta del viaggio – o un paio di scenette messe lì per puro esibizionismo attira-babbei. E certo c’è tutto ciò, inevitabile forse trattando queste storie d’adolescenza trasgressiva, e pur vero però che l’interpretazione data da Cuarón è nel complesso una delle meno peggio, apprezzabile per la forza cinestesica che trasmette attraverso il viaggio, da sempre e per sempre luogo di cambiamento formazione e trasformazione, appaiata ad una percezione di stallo, di sosta, d’autunno. Andare avanti per fermarsi e poi ricominciare per fermarsi un’altra volta mentre i protagonisti alla ricerca di un luogo che non conoscono troveranno la strada sulla cartina dell’anima, in un viaggio interiore, sempre scanzonato e scurrile, ma che in un film così, con delle premesse così, non è affatto male.
In più il linguaggio del racconto è ricco. Cuarón ci va pesante con la camera a spalla ma non come ne I figli degli uomini (2006), è un passo quasi felpato, incerto, che si avvicina e allontana agli e dagli attori con un confortante e azzeccato timore. Giusto come le divertenti divagazioni della voce off preceduta da un risucchiamento del sonoro per sottolinearne il momento e cristallizzarlo, che ricordano più di un po’ le mirabolanti digressioni, ricche di colore, fantasia e inventiva, dei romanzieri latini. Teoricamente inutili ai fini della storia, ma piacevolissime da sentire.
Nella sua spontaneità il film è persino (a tratti) bello, soprattutto da vedere per la malinconia di un estate che finisce insieme ad un’amicizia; le cadute di stile ci sono, comunque.
visto parecchio tempo fa, però da quel che ricordo ho avuto impressioni simili. film non eccellente, però si viaggia insieme ai protagonisti e un poco ci si affeziona..
RispondiEliminapraticamente con questo film ho un rapporto di attrazione/repulsione. Ce l'ho da tre anni ma non l'ho ancora visto, a volte ci passo davanti indeciso ancora con la pena di vederlo. Direi che il tuo commento non mi ha aiutato a fermare il dubbio.
RispondiEliminaOh, ma possibile che ogni volta che scrivo qua un commento nella verifica parola mi escono sempre cose tipo "merdcr", "carzzt" e roba simile???
Ah ah anche a me capitano spesso parole improbabili, avevo beccato una raccolta in rete delle suddette che erano puro lol.
RispondiEliminaMe lo ricordo bello. Ma me lo ricordo poco.
RispondiEliminascusami se te lo dico, Eraserhead, ma non hai capito proprio nulla di questo film. Non è semplicemente la storia di due adolescenti trasgressivi, è la storia del tramonto di un'era nella storia del Messico, una riflessione sulle condizioni sociali e politiche di un paese dove il contrasto tra povertà e ricchezza, tra progresso e sottosviluppo, sono incolmabili e destinate a portare al declino. La maggior parte dei film Latini sono incentrati su allegorie politiche e sociali, vanno sempre guardati tenendo conto del contesto storico e sociale nel quali sono stati fatti, perchè c'è sempre qualcosa al di là della semplice trama narrativa.
RispondiEliminaprobabilissimo che io non ci abbia capito niente. Adesso non ricordo il film nei particolari ma capisco il discorso che fai, e ti do ragione, nel senso che contestualizzare la diegesi nell'epoca, nella storia, nel mondo reale è un'operazione che dà i suoi frutti. Detto ciò, se sono corso nell'infortunio di non cogliere il sottotesto, ti chiedo se tu sei rimasto soddisfatto del "sopratesto". Alidlà dei significati nascosti, quello che arriva prima non è comunque una storiella derivativa già raccontata in molti altri film?
RispondiEliminaForse è già stata raccontata anche in altri film. Certo, non c'è nulla di nuovo nel raccontare la storia di un road trip tra amici, nè nel riutilizzare il tropo del "romanzo di formazione" già visto in tanti film. Eppure, già la prima volta che ho visto questo film, ho avuto l'impressione che la storia fosse molto più ricca di altre trame simili. Ho dovuto rivederlo altre volte prima di afferrare pienamente il sottotesto, però credo che anche a primo impatto il "sopratesto" lasci intravedere che c'è qualcosa di sostanziale al di là della semplice trama. Senza contare che comunque non ho trovato che la trama fosse scontata, specialmente considerando la rivelazione finale (la ragazza era malata) che stravolge, a mio parere, tutta l'interpretazione del suo personaggio.
RispondiEliminaSì beh comunque oh, a rileggere non è che ne abbia parlato malissimo, anzi! Cioè, so quando parlo di un film che non mi è piaciuto per niente e di sicuro non è questo il caso. Tra l'altro la cosa del narratore esterno ora mi sembra di rimembrarla ed è un ricordo piacevole.
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