lunedì 6 aprile 2009

Woyzeck

Herzog riesce a condensare l’intero film nei primi quattro minuti ed undici secondi.
Una panoramica della piccola città attraversata dal placido fiume, stacco.
Il soldato Woyzeck arriva di corsa sollecitato da un superiore: piegamenti, flessioni, smorfie di dolore mentre uno stivale schiaccia a terra la sua testa, nel frattempo un crescendo di violini accompagna le immagini (stessi violini che ritorneranno nella scena madre). Ancora uno stacco.
Primo piano di Woyzeck dal basso verso l’alto, ha lo sguardo fisso oltre la mdp, il petto si gonfia e si sgonfia per il fiatone. Fine.

Girato appena quattro giorni dopo Nosferatu (1978), Woyzeck è un fedele (a quanto si legge in giro) adattamento cinematografico della piéce teatrale omonima scritta da Georg Buchner tra il 1836 e 1837, rimasta incompiuta a causa della morte dell’autore.
La natura teatrale dell’opera si sente anche nella traslazione su celluloide. Inquadrature fisse, cambi di scena netti e dialoghi corposi costituiscono la spina dorsale dell’intera pellicola.
In anticipo di qualche anno sui filosofi del sospetto, Buchner mette in chiaro la coscienza falsa dell’uomo borghese (il vile capitano ed il dottore), ma anche la coscienza dell’uomo tout court (Woyzeck).
Lo stivale che all’inizio china il capo di Woyzeck ha il sapore del potere, del padrone. Per racimolare soldi, il soldato è costretto a fare il barbiere e la cavia per un dottore che lo fa nutrire solo di piselli. Come un operaio nella catena di montaggio, Woyzeck si aliena prima di tutto dalla società e poi dal genere umano, finendo per sentire il vento e la terra suggerirgli di ammazzare sua moglie Marie.
Durante il primo dialogo tra Woyzeck ed il capitano, quest’ultimo dice: “Woyzeck tu sei un brav’uomo ma non hai un briciolo di morale. La morale è quando uno è morale. È una parola buona capisci?”. Verso metà proiezione, in un monologo, lo stesso capitano dirà: “Un brav’uomo deve stare attento e amare la vita, un brav’uomo non deve essere coraggioso, solo le canaglie sono coraggiose, io mi sono arruolato nell’esercito solo per rafforzare il mio istinto di conservazione.”
Certo, la morale è una parola buona. Ma quando è falsa e ipocrita come quella del capitano? La denuncia di Nietzsche si rivolgeva contro il cinismo degli individui massificati, contro la sterilità di un sistema culturale ipocrita. Per il filosofo la cultura è incentrata sul guadagno e ha come proprio fondamento il criterio dell’utile. Il capitano, e soprattutto il dottore, incarnano questi pensieri. Al medico non interessa la salute mentale o fisica di Woyzeck, ma soltanto un tornaconto scientifico.
E poi Woyzeck.
Pazzesca l’interpretazione di Kinski. Oltre alle smorfie del suo viso suggerisco di osservare le sue mani: si torturano in continuazione, sono inquiete, nervose, frenetiche. Inutili, se non per uccidere.
La sofferenza di quest’uomo attraversa il suo corpo come una scossa, non riesce mai a stare fermo. È nevrotico. Woyzeck vive un disagio esistenziale originato dalla società borghese che lo schiaccia perché è povero, perché è debole, perché è pazzo. Un processo inibitorio agisce sulla sua sessualità, privando la libido della sua pulsione vitale e abbandonando il povero soldato a quella pulsione di morte che lo porterà ad uccidere Marie (Eva Mattes a cui toccano sempre ruoli da meretrice, vedi La ballata di Stroszek, 1977), e ad uccidere se stesso sparendo nelle acque di uno stagno mentre intorno a lui la musica dei violini finisce e resta soltanto il gracidare delle rane.

5 commenti:

  1. di Herzog mi manca tantissimo, ma se questo l'hai taggato "capolavoro" allora lo vedrò presto.

    RispondiElimina
  2. Ci ho pensato un po' a mettere tale tag.
    Rispetto ad altri lavori di Herzog è più intimo, più semplice anche. Però è davvero potente. Resta la miglior collaborazione tra Herzog e Kinski che qui è straordinario.

    RispondiElimina
  3. Un buon assassinio, un assassinio autentico, un bell'assassinio che più bello di così non si può. Era da un pezzo che non ce ne capitava uno simile.

    Così finisce l'opera teatrale e sono anche le parole scritte in sovraimpressione. Confermo la fedelta con il testo teatrale poi è chiaro che nel teatro si tende a rileggere le cose.
    Inoltre il testo teatrale è ispirato ad un fatto vero.
    Ah, confermo per la recitazione di Klaus Kinski: davvero strepitosa.

    RispondiElimina
  4. Gli studi di Claudio Morganti su Woyzeck rimangono però insuperabili. Oltre allo studio n 5 e all'acustico, ha fatto una versione videoanimata straordinaria nel 2007 oltre che una fotosequenza su Marie nel 2008.

    RispondiElimina
  5. C'è un link di questa versione videoanimata? :)

    RispondiElimina