La Carri, dando giusto un’occhiata anche alle sinossi delle sue altre opere, sembra avere una certa attenzione verso la sessualità e l’erotismo, anche a costo di avventurarsi in quei scandalucci festivalieri che ogni tanto si palesano, e Barbie... si allinea a tale direzione sebbene a livello tramico ogni snodo diventi il pretesto per offrirci un po’ di pornografia in passo uno. Siccome non sarà di certo il sottoscritto a discettare sul racconto in sé perché la sua confezione è lì a non richiedercelo, alla fine salta fuori anche un happy end con una specie di morale: in pratica dopo aver assistito alla prepotenza di un Ken che tradisce la moglie con la segretaria e che per affermare il suo status di maschio alfa le picchia entrambe, al termine della storia si troverà solo e abbandonato con Barbie nuovo membro felice di una famiglia decisamente anticonvenzionale. L’intento parabolico si sostanzia dunque così, in un lettone promiscuo che ricalibra il concetto di amore. Una caramellina da mangiare nel caso abbiate venti minuti liberi, dopo poco si sarà già volatilizzata nel vostro palato.
lunedì 1 febbraio 2021
Barbie también puede estar triste
La
notiziona è che sia Barbie che Ken, a differenza dei nostri
fallimentari tentativi dell’infanzia con le bambole della propria
cugina o sorella, possono tranquillamente copulare perché dotati di
organi sessuali in regola, almeno per Albertina Carri, regista
argentina con cui anni fa non era scattato quel feeling necessario
durante la visione de La rabia
(2008). Barbie también puede estar
triste (2002) trasporta nel territorio
pornografico la vita di una ricca ma infelice Barbie alle prese con
un marito fedifrago, la tecnica di animazione scelta è la sempre a
noi cara stop-motion che nello specifico muove dei pupazzi dalla
consistenza più di plastilina che di plastica all’interno dei
consueti ambientini ricreati in dettaglio (questi particolari, al
solito, si rivelano per chi scrive come le componenti maggiormente
appaganti da cogliere perché frutto di uno sforzo creativo e
artigianale), il risultato è accettabile se si vuole vedere qualcosa
di leggermente inusuale (purtroppo bisogna sempre sottolineare che in
un mondo dove la tecnologia viaggia a duemila all’ora, in un
periodo di due decenni il cinema, compreso quello animato, ci ha
proposto tutto e il contrario di tutto), nella sua dimensione
ristretta il corto è poco più che un passatempo per chi lo ha
girato e una sì e no simpatica quisquilia
per chi lo guarda.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento