Sergio
Nelli
2018
Tunué;
117 p.
Nel
giardino della casa di Fucecchio, i miei zii hanno segato fin quasi
all’attaccatura del tronco coi rami: un cachi, un nespolo (sano),
due oleandri e due piante d’alloro. Soprattutto guardando il
nespolo, con le sue ricrescite e i suoi ributti, ho fantasticato che
potesse avere qualcosa in comune con questo diario.
Federico
cresce, io ricresco.
Ricrescite,
pubblicato per la prima volta nel 2004 da Bollati Boringhieri e
riproposto da Tunuè nel novembre 2018, è un’opera che sa attirare
su di sé un considerevole affetto, ed il motivo, riscontrato dal
sottoscritto anche in altre forme artistiche (vedi taluni esemplari
di cinema), si situa sinteticamente in quel nocciolo intimo e personale
che sostanzia la materia del testo, ma è esattamente qui che
dobbiamo focalizzare l’attenzione: sebbene la prosa di Sergio Nelli
sia orientata verso la sua vita comprendendo particolari che
parrebbero ameni (le vacanze al mare), un’energia sotterranea
richiama anche la nostra di
vita, beninteso, non si tratta di un processo di immedesimazione
perché ciò che l’autore espone appartiene solo e soltanto a lui, è
più in generale la capacità di percepire un potenziale narrativo,
una possibilità di rilettura esistenziale, un qualcosa che ci fa
dire: accidenti, ma anche io potrei applicare una struttura simile ad
un mio diario quotidiano. E allora dal molecolare di cui il libro si
occupa si può passare ad una sorta di universale dove ogni lettore è
in grado di tradurre se stesso, e quindi il suo essere, la sua storia,
in un riflesso che specchia la spiritualità dell’umano, argomento
che Nelli maneggia con piacevole disinvoltura riversando tra le
pagine correnti diverse che si intrecciano amabilmente, c’è
dell’ironia ma anche un pensiero alto, introspettivo, e c’è
anche della nostalgia che qua e là affiora (si leggano le ultime
pagine se ho capito bene dedicate al nonno, davvero belle) e che,
permettetemelo, sfiora.
Nella
prefazione Antonio Moresco definisce Ricrescite
di “genere indefinibile”, è così: trattasi di oggetto spurio
che associa alla forma diaristica ulteriori innesti dalle svariate
nature. Il trapianto che risulta più evidente è di stampo
scientifico, mi riferisco ai frequenti rimandi a vulcani &
affini, la scelta di Nelli sembrerebbe un po’ scollata dal resto
del racconto ma, se si vuole aprire un goccio il rubinetto analitico,
il ricorrere alle attività eruttive del pianeta snocciolando freddi
dati e statistiche l’ho visto come un gioco che in realtà è
perfettamente in linea con i principi del libro, del resto un vulcano
è una porta che raccoglie e riemette un composto che sta dentro,
che è nascosto sotto il suolo, che è invisibile, e Ricrescite
si incarica di un medesimo compito: essere la bocca da dove
fuoriescono i pensieri e le paure recondite di un uomo impegnato a
rapportarsi con il figlioletto. Federico è il motore inconsapevole
di questo nuovo ricominciamento paterno, gli stralci delle loro
conversazioni più che squadernare l’innocenza infantile del bimbo
mettono a nudo l’impreparazione dell’adulto di fronte ad un
ragionamento così candido e libero. Per dovere di cronaca va
sottolineata anche la presenza di schegge/confessioni riguardanti
persone affette da alcolismo e di componimenti poetici su cui tornare
magari con maggior attenzione (e nella varietà del registro anche un
paio di pagine, dalla 95 alla 103, che sono un trip
psico-letterario), tutto ciò fa di Ricrescite
un volume che è comunque grande nonostante la sua natura in prima
battuta ci suggerisca una dimensione minuta, che c’è anche ma che
è solo il punto di partenza per condurci attraverso un’impegnativa
esplorazione interiore.
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