venerdì 22 febbraio 2019

Ricrescite

Sergio Nelli
2018
Tunué; 117 p.

Nel giardino della casa di Fucecchio, i miei zii hanno segato fin quasi all’attaccatura del tronco coi rami: un cachi, un nespolo (sano), due oleandri e due piante d’alloro. Soprattutto guardando il nespolo, con le sue ricrescite e i suoi ributti, ho fantasticato che potesse avere qualcosa in comune con questo diario.

Federico cresce, io ricresco.

Ricrescite, pubblicato per la prima volta nel 2004 da Bollati Boringhieri e riproposto da Tunuè nel novembre 2018, è un’opera che sa attirare su di sé un considerevole affetto, ed il motivo, riscontrato dal sottoscritto anche in altre forme artistiche (vedi taluni esemplari di cinema), si situa sinteticamente in quel nocciolo intimo e personale che sostanzia la materia del testo, ma è esattamente qui che dobbiamo focalizzare l’attenzione: sebbene la prosa di Sergio Nelli sia orientata verso la sua vita comprendendo particolari che parrebbero ameni (le vacanze al mare), un’energia sotterranea richiama anche la nostra di vita, beninteso, non si tratta di un processo di immedesimazione perché ciò che l’autore espone appartiene solo e soltanto a lui, è più in generale la capacità di percepire un potenziale narrativo, una possibilità di rilettura esistenziale, un qualcosa che ci fa dire: accidenti, ma anche io potrei applicare una struttura simile ad un mio diario quotidiano. E allora dal molecolare di cui il libro si occupa si può passare ad una sorta di universale dove ogni lettore è in grado di tradurre se stesso, e quindi il suo essere, la sua storia, in un riflesso che specchia la spiritualità dell’umano, argomento che Nelli maneggia con piacevole disinvoltura riversando tra le pagine correnti diverse che si intrecciano amabilmente, c’è dell’ironia ma anche un pensiero alto, introspettivo, e c’è anche della nostalgia che qua e là affiora (si leggano le ultime pagine se ho capito bene dedicate al nonno, davvero belle) e che, permettetemelo, sfiora.

Nella prefazione Antonio Moresco definisce Ricrescite di “genere indefinibile”, è così: trattasi di oggetto spurio che associa alla forma diaristica ulteriori innesti dalle svariate nature. Il trapianto che risulta più evidente è di stampo scientifico, mi riferisco ai frequenti rimandi a vulcani & affini, la scelta di Nelli sembrerebbe un po’ scollata dal resto del racconto ma, se si vuole aprire un goccio il rubinetto analitico, il ricorrere alle attività eruttive del pianeta snocciolando freddi dati e statistiche l’ho visto come un gioco che in realtà è perfettamente in linea con i principi del libro, del resto un vulcano è una porta che raccoglie e riemette un composto che sta dentro, che è nascosto sotto il suolo, che è invisibile, e Ricrescite si incarica di un medesimo compito: essere la bocca da dove fuoriescono i pensieri e le paure recondite di un uomo impegnato a rapportarsi con il figlioletto. Federico è il motore inconsapevole di questo nuovo ricominciamento paterno, gli stralci delle loro conversazioni più che squadernare l’innocenza infantile del bimbo mettono a nudo l’impreparazione dell’adulto di fronte ad un ragionamento così candido e libero. Per dovere di cronaca va sottolineata anche la presenza di schegge/confessioni riguardanti persone affette da alcolismo e di componimenti poetici su cui tornare magari con maggior attenzione (e nella varietà del registro anche un paio di pagine, dalla 95 alla 103, che sono un trip psico-letterario), tutto ciò fa di Ricrescite un volume che è comunque grande nonostante la sua natura in prima battuta ci suggerisca una dimensione minuta, che c’è anche ma che è solo il punto di partenza per condurci attraverso un’impegnativa esplorazione interiore.

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