giovedì 17 novembre 2016

Terminus radioso

Antoine Volodine
2016
66thand2nd; 544 p.

I suoi libri erano, almeno in linea di principio, delle opere distinte, cui lei, una volta terminate, assegnava un titolo, ma benché presentassero dei tratti specifici e non riproponessero i medesimi personaggi, avrebbero potuto essere tranquillamente accorpati in un unico e interminabile volume. Tratteggiavano in effetti la medesima sofferenza crepuscolare di tutti e di tutte, una quotidianità magica ma priva di speranza, il degrado organico e politico, la resistenza infinita ma non vagheggiata alla morte, la perpetua incertezza rispetto alla realtà, o anche un incidere carcerario del pensiero, carcerario, offeso e folle.

Sono arrivato ad Antoine Volodine grazie al blog di quella che ritengo essere, ad oggi, una delle migliori penne del nostro Paese: Giuseppe Genna, il quale tempo fa ha riportato sul proprio spazio virtuale un breve ma interessante intervento di Vanni Santoni sullo stato attuale di certa letteratura europea e di certe tendenze che pare stiano fiorendo in barba al predominio statunitense degli ultimi anni. L’articolo sta qui, mentre Terminus radioso, edito dall’elogiabile 66thand2nd in un’ottima veste grafica e tradotto, si immagina, non senza difficoltà da Anna D’Elia, sta ancora più qui, proprio affianco alla tastiera con cui batto queste quattro sciocchezze e più guardo il volume che occupa in questa porzione di mondo e più il suo contenuto evade i confini, diventa iridescente, è la radioattività, l’essenza sciamanica, è il nocciolo tossico di una prosa che forse forse non è nemmeno il meglio di ciò che offre il mondo letterario [1], come se la prosa fosse il fine ultimo di ogni giudizio critico, magari è così, io non lo so, io ho solo Terminus radioso che ancora folleggia nel mio cranio e in uno slancio stupido finanche immotivato sento me stesso come uno degli eteronomi di Volodine che avendo letto i suoi scritti ne è rimasto contagiato e ha fatto sì che tutti i miserevoli personaggi che popolano questa storia siano continuati nel mio inchiostro celebrale a non-morire anche dopo l’ultima pagina; eteronimia: perché lo scrittore in questione ha costruito un progetto inessenziale (su cui non mi dilungherò poiché è ben spiegato inogniddove) che si fa beffa delle etichettature accademiche e che trae linfa dalla diade sempre fertile fiction e non-fiction: il post-esotismo non esiste nella realtà! Il post-esotismo esiste eccome.

La gittata ludica di Terminus radioso arriva lontano perché come per ogni gioco dove il divertimento sta proprio nel giocare, è proprio bello leggere Volodine, è straordinario, e si potranno usare tutte le definizioni idriche che vi aggradano maggiormente (scegliete pure tra: alluvionale e/o fluviale) per condensare un testo che abilmente ci frega perché non fa altro che essere un testo moderno. E non intendo “testo” in quanto “libro” bensì un manufatto equiparabile ad un film, ad una canzone, ad un quadro o a qualunque altra espressione artistica che possiede i connotati di una contemporaneità che non ha più bisogno di paletti, semplicemente: questo non è un libro di fantascienza sebbene lo sia nel suo involucro. Non ho mai avuto il piacere di leggere McCarthy che immagino sia la prima pietra di paragone quando nell’area-romanzo si parla di post-atomico, però sono convinto che il discorso di Volodine possegga traiettorie diverse che se ne sbattono del genere di riferimento e che si direzionano verso “un futuro riposto nei lati oscuri della nostra coscienza” [2], e non solo, perché ciò, in fondo, è quello che accade in ogni opera post-apocalittica, la vera forza di Terminus radioso è quella di essere un oggetto selvatico fino al midollo che per chi scrive non ha nemmeno poi chissà quale monito che dovremmo ricordarci sempiternamente, l’idea di una resistenza al furoreggiare del capitalismo attraverso il proletariato marxista come può sposarsi con l’attualità? Credo in nessun modo, e va bene così poiché scartate le sovrastrutture narrative non rimane che l’illuminante essenza di un metodo che scrive soltanto per il meraviglioso gusto di farlo e che dal nulla ha creato un’epica indimenticabile.

Non credo sia un caso se nell’ultima bellissima parte del libro tutto si stinge e si avvicina al dolce lucore dell’oblio, Volodine, che per segnare un passaggio temporale se la cava così: “dopodiché, volenti o nolenti, un buco di sette secoli”, con l’approssimarsi della conclusione abbandona ogni personaggio a se stesso nella sconfinatezza di una taiga che è diventata l’unico mondo possibile, in sostanza non c’è più niente: né case, né idee, né politica, né umanità, il tendere ad un tale zero assoluto mette ancora più in risalto il talento del francese che ovviati gli attributi romanzeschi galoppa verso un’Omega indicibile dove la dissoluzione totale è l’unico e ultimo porto in cui poter approdare, e lo racconta magistralmente attraverso episodi che segnano una disgregazione verso cui, e non chiedetemi perché, si prova una forte nostalgia, anzi chiedetemelo: perché è il vento del tempo che spira dentro Terminus radioso, la malinconia delle cose andate la cui forza, giorno dopo giorno, millennio dopo millennio, sparisce come un filo di fumo senza poterci fare niente, e tutto finisce e di noi, di me e di te, non resterà più alcuna memoria. 
D’altronde... io o te, poco importa.
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[1] Il meglio, ora, è Mircea Cărtărescu.

[2] Così recita l’aletta di Angeli minori, raccolta di narrat (raccontini dell’universo volodiniano), pubblicata da L’orma.

3 commenti:

  1. di questa casa editrice ho letto un po' di /bei) libri africani. questo di cui parli l'aggiungo.
    interessante l'articolo, parla anche del romanzo a cui so è ispirato Bela Tarr per le "Armonie..."

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  2. "Melancolia della resistenza" di certo non m'era sfuggito e devo dire che non è affatto male, rispetto al film, che in realtà è solo la parte centrale del romanzo, ha appunto un prologo e un epilogo che completano e ampliano la vicenda. Purtroppo la casa editrice Zandonai è fallita poco dopo, proprio quando stava per pubblicare "Guerra e guerra" sempre dello scrittore ungherese, vabbè ci consoleremo con l'imminente uscita di "Satantango" per Bompiani :)

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  3. ecco qua

    http://soundofmyvoicedries.blogspot.it/2016/11/i-deserve.html

    scrivimi una mail se intendi abbeverarti alla fonte xD

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