giovedì 21 febbraio 2013

Dealer

Per buona parte della sua durata Dealer (2004) non nasconde una struttura equiparabile a quella del suo predecessore Rengeteg (2003); nuovamente ci troviamo al cospetto di un procedere aneddotico che incornicia situazione dopo situazione, e con agghiacciante distacco, una voragine incolmabile che i protagonisti di questa danza macabra tentano di riempire con quella droga di cui sono inevitabilmente dipendenti. Grazie alla capillare presenza delle sostanze c’è quindi un fil rouge di maggior spessore che condensa gli stralci delle vite ectoplasmiche circuite da un Fliegauf funereo, il vincolo delle persone nei confronti degli stupefacenti non conosce morale né classe sociale e men che meno affetto personale, come una mannaia il regista magiaro apre il sipario su una specie di sacerdote che sta crepando fra atroci sofferenze a causa di complicazioni derivanti dalla sua astinenza: è un campanello d’allarme da non sottovalutare perché se anche una guida religiosa è succube della cocaina allora anche le sue pecorelle smarrite in una metropoli di cemento e pozzanghere scambiate per tombe su cui versare le proprie lacrime non potranno avere vizi tanto diversi. È un’umanità in trance lisergica quella raccontata da Fliegauf dove uomini e donne hanno perso qualunque valore (persino la genitorialità biologica svenduta per un po’ di roba), e quindi sogni, desideri, ambizioni e compagnia bella; il grigiore esterno ed interno spadroneggia incontrastato e nel seguire la giornata tipo del pusher-ciclista si aprono le porte di un limbo che risucchia avidamente ogni segno di bontà (la bimba, figlia di una eroinomane, che ha capito tutto) e lascia soltanto l’indescrivibile morfologia del nulla.

I detrattori ancorati ad un cinema algoritmico potranno attaccare l’ingiustificata posizione di alcune tessere che risultano effettivamente ininfluenti nel disegno generale e che di conseguenza appesantiscono un minutaggio abbastanza corposo, pensiamo alla scenetta della studentessa di matematica con l’amica catatonica e paralizzata nella vasca da bagno, alla baruffa nel tipico magazzino/retrobottega occupato da ceffi con cui solo uno spacciatore può avere a che fare, alla parentesi sulla riva sabbiosa del fiume o all’amico che si rivede giocare a basket in un vecchio video alla tv, tutti frammenti privi di un seguito che se aggiunti ad un’imperterrita dilatazione temporale potranno far sbadigliare le platee paraocchi-munite, ma voi, che come il sottoscritto amate quel cinema non omologato che si emancipa dal comune vedere, apprezzerete senz’ombra di dubbio lo sminuzzamento narrativo poiché magistralmente ricondotto da Fliegauf in una dimensione artistica eticamente coerente alla propria forma: ogni segmento contempla morbidi movimenti della mdp che abbracciano circolarmente gli attori in scena cingendoli in avvolgenti spirali di assoluta sospensione (ciò rappresenta un netto distacco rispetto a Rengeteg dove Fliegauf si spostava nevroticamente da un primo piano all’altro); a corredare la ripetizione delle manovre registiche ci pensa un impianto audio tremendamente angoscioso, una frequenza, un lamento continuato rassicurante tanto quanto l’eco notturna di un qualche sinistro rumore che puntualmente ribadisce l’ignota origine. È nel come che risiede l’entità di Dealer, Fliegauf ha portato a compimento la missione di conficcare il mood della disperazione non solo su un nastro di triacetato di cellulosa ma anche nelle nostre pupille.

Menzione speciale per la grandiosa ritirata visiva che chiude il film dove una fonte di luce che più artificiale non esiste diventa il piccolo astro di un sistema stellare, con tanto di pianeti che gli orbitano attorno, prossimo ad un definitivo Big Crunch che lo renda polvere infinitesimale nello sterminato buio intergalattico.

11 commenti:

  1. Visto un po' di anni fa e tutt'ora non mi scordo quanto mi aveva folgorato. La scena finale è da rimanerci secchi. Credo che lo rivedrò.

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  2. Vero (sul rimanerci secchi). Tra l'altro il film successivo di Fliegauf, Tejút, opera non-narrativa molto particolare, inizierà proprio con un punticino luminoso in mezzo ad una schermata nera.

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  3. Sì, anch'io l'ho visto qualche anno fa. Mi ricordo una atmosfera di desolante disperazione, e una regia "chirurgica", che affonda il suo bisturi nel marciume totale. Sì, devo rivederlo.

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  4. Giusto incensare Dealer secondo me, è un film alieno, estraneo, eppure è capace di ferire.

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  5. Lo sto guardando proprio adesso..per la colonna sonora dire depressiva è poco, anzi credo che essa abbia un'importanza magistrale tanto quanto i primi piani e la freddezza dell'atmosfera.

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  6. Sì, col sonoro Fliegauf ha fatto davvero un lavoro eccellente.

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  7. C'è un passaggio all'inizio, quando la camera, con quel suo movimento inquadra le due donne che stanno pregando... mi son detto: questa è un'altra bomba!
    Cavolacci, che cupismo! Sembra fin impossibile sia lo stesso regista di Womb, che è bellino ok, ma in confronto a questo c'è ne passa. La parte della studentessa "in loop" mi ha messo quasi paura, ed anche quella dell'incontro con il padre, con quella pozzanghera giù nel cortile! E una cosa che ho trovato molto interessante è il lavoro sulla figura del protagonista, dispensatore di morte ma che al contempo getta piccole perle di saggezza. Un pò alla lontana se vogliamo, ma come Le Gars, demone o angelo?

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  8. Hai visto che differenza tra i due film? E' per questo che Womb non mi ha convinto in pieno, io posso capire il tentativo di voler abbracciare una fetta di pubblico più vasta, però da uno che ha fatto film come Dealer o Rengeteg pretendo di più, anche quando propone un lavoro meno sperimentale. Io ho apprezzato anche il segmento con i due tipi che parlano di qualcosa davanti a loro, un ottimo esempio dell'efficacia del fuori campo.

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  9. questo è uno dei miei 3 film preferiti ( gli altri 2 sono le armonie di werckmeister e holy motors), quel finale li è di una bellezza tale che per me è secondo solo a quello di japon ! Complimenti ancora x il blog, il migliore sulla piazza e che seguo ciecamente da tempo :)

    [Dries]

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  10. Dei pregi di Dealer si è già parlato, cerco quindi di soffermarmi su quelli che ritengo essere i suoi punti deboli (sperando in una risposta di Eraserhead).
    Se nella prima mezz'ora sono stato folgorato dai movimenti della mdp, con lo scorrere dei minuti ho potuto rilevare una sorta di loop delirante che, in fin dei conti, mi ha annoiato.
    Questo susseguirsi di scene, l'una controfigura dell'altra, da un lato chiarifica l'intento cinematografico di Fliegauf, dall'altro (mio personalissimo parere) evidenzia i limiti di un regista intrappolato in se stesso fino alla penultima scena.
    A questo punto mi chiedo (e vi chiedo): se alla magnifica sequenza finale e al costante movimento circolare della mdp si fossero aggiunte altre sperimentazioni artistiche Dealer sarebbe stato un film migliore oppure avrebbe perso la sua essenza stessa?

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  11. Hai fatto bene a sperare, sette mesi cosa vuoi che siano?
    Non capisco granché la domanda, ma provo a dire che: se le eventuali altre spetimentazioni artistiche fossero state altrettanto efficaci nel conferire questo mood angoscioso allora non sarebbe cambiato niente. L'importante sarebbe sempre il mantenimento dell'atmosfera, se cadesse quella in seguito a ipotetiche sperimentazioni allora cambierebbe l'opera tutta.
    E quello che tu definisci intrappolamento io preferisco definirla coerenza registica.

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