lunedì 25 febbraio 2013

Megatron

Megatron (2008), a dispetto della sua brevissima durata, è cinema delle scorie come e più la maggior parte del cinema rumeno che da Mungiu in poi ruggisce sugli schermi più prestigiosi di tutta Europa. Eppure il corto di Marian Crisan si veste di semplicità perché nell’ordine degli eventi espone il tragitto che separa la casa in periferia di un bimbo da un McDonald’s di Bucarest, tuttavia la vera sintonizzazione deve allacciarsi con il fluire narrativo che annovera situazioni da allarme arancione: il bimbo in questione compie oggi gli anni e per festeggiare la mamma lo porta in un fast-food della capitale. Solo che da questo enunciato l’odore che filtra è di mestizia, e in automatico si crea una specie di ponte compassionevole fra loro e lo spettatore rafforzato dal viaggio che li separa dalla meta, una piccola maratona che, en passant, suggerisce la dimensione di una famiglia spaccata in due e, forse, anche di un paese: vedasi il camionista che fin da bambino non desiderava altro che guidare camion. In tutto ciò Maxim si pone controcorrente, col suo spirito infantile rappresenta il nuovo che sorge (lui, al contrario, vuole fare l’astronauta!) e che sa prendere di petto la situazione (si appropria del cellulare per chiamare il papà).

Cinema delle scorie perché la Romania, come tutti i paesi ammorbati in passato da una dittatura, deve fare i conti con gli strascichi che ancora oggi si ripercuotono nel suo ventre. Ed anche se analisi economiche, sociali o politiche qui non vengono esplicitamente affrontate, il film è indirettamente un micro-spaccato culturale che col ritratto minimalista di una storia come tante mostra un’ombra ancora troppo densa, e allo stesso tempo l’alba di una nuova luce: Maxim.  
Palma d’Oro di categoria a Cannes ’08.

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