martedì 21 febbraio 2012

Wendy and Lucy

Una donna e il suo cane in cammino verso l’Alaska.

Ormai è chiaro: il cinema di Kelly Reichardt si plasma nel viaggio.
Poco le importa della meta o della partenza, i suoi sono film che mirano a catturare la transizione: il viaggio come passaggio (e paesaggio) interiore, trasformazione, tragitto che conduce ad uno smarrimento. Lo dirà nel successivo Meek’s Cutoff (2010): lost, una scritta impolverata in mezzo al deserto, e lo ripete due anni prima qui, we lost, in un bosco sopra i binari della ferrovia, la quintessenza del transito, dell’incertezza, del passare, e, come si è arrivati, dell’andare via.

L’anima disorientata questa volta è quella di Wendy che giunge nell’Oregon – ancora una volta la scena si crea qua dentro, in un luogo che diventa allora una locanda per viandanti – insieme al suo cagnolino Lucy. Poco si sa della ragazza, a parte che è squattrinata e mal vista da sua sorella residente nell’Indiana. È diretta al nord, dove si dice ci sia lavoro, ma la macchina la lascia a piedi.
Abbiamo dunque un primo segnale di smarrimento: Wendy e Lucy in una cittadina straniera dove l’unico modo per andare avanti è il sostegno reciproco. Come in tutti rapporti uomo-animale è il primo che dà qualcosa di materiale (il cibo, Wendy che ruba), per essere ripagato con una moneta molto più pregiata: l’affetto.
Tutto bene, fino a che Lucy non sparisce.
E qui si ha il secondo segnale: il cane si perde, è vero, ma nulla ci viene fatto sapere a riguardo. È morto? È stato rapito? È scappato? Il salto narrativo cela la soluzione perché giustamente bisogna concentrarsi su chi davvero si è perso, e i due segnali di sopra non possono che condurre a Wendy.

Wendy che cercando il proprio cane si cerca. Senza sostegno è costretta a fronteggiare imprevisti che non hanno nulla di così tremendo (una macchina da aggiustare, suvvia) ma che se si presentano spogliano di credenze, di conforto (e confronto) anche quando a darlo è un essere che cammina a quattro zampe; affiora una solitudine mai esibita, sotterranea, contenuta negli occhi della come al solito bravissima Michelle Williams, la quale nel suo viaggio (quello interno) giunge alla resa dei conti con la coscienza in una scena notevole, “non guardarmi” le dice l’uomo nel buio, e lei, poco dopo, sbotta nel bagno: ha capito di essersi persa.

Il cinema della Reichardt stupisce, stupisce perché il suo approccio nel delineare l’America è molto più europeo che americano, allunga i tempi, rima con la tecnica (i carrelli laterali), esalta l’ambiente, sfronda l’eccesso. È leggera ma non semplice, colpisce sfiorando.
Fa film di qualità, ed è quello che conta.

13 commenti:

  1. é da un po' di anni che l'ho scaricato ma non l'ho ancora guardato. Prima o poi me lo guardo però! Promesso!

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  2. questa mi ispira proprio! me lo metto in lista molto ma molto volentieri ;)grazie per la dritta

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  3. Kelly Reichardt è bravissima, merita una cifra!

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  4. Mi sa tanto che questa Kelly Reichardt me la segno anch'io.

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  5. ho apprezzato anche io questa regista. Mi è piaciuta molto per l'approccio delicato che utilizza nel descrivere le emozioni dei personaggi. Una regia attenta e curata.

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  6. Quoto le parole di waYne, non aspettative cose indimenticabili ma più semplicemente la correttezza di una regista che sa e fa bene quel che fa.

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  7. Bel film, m'ha colpito davvero, tanto che visionerò il resto dei film della Reichardt!
    Il personaggio (magari sbaglio) non manifesta vistosamente le sue emozioni, ma le sprigiona benissimo, e l'osservatore si ritrova con i suoi stessi sentimenti addosso, sono molte le scene in cui le emozioni sono nascoste ma ben indirizzate, non dico dove perché sarebbe spoilerare. Comunque bella tecnica di regia, mi ricorda molto Il Van Sant di Gerry..non so perché.

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  8. Non ho visto Gerry ma altro di Van Sant sì, e non posso che concordare.
    Quello che dici, e che mi sento di sottoscrivere, è forse il pregio principe della regista perché il lavoro sottotraccia ripaga sempre di più che il mostrare allo scoperto. Certo, qui c'è la Williams che è ormai è quasi una big, però vedrai anche negli altri film che il sprigionare emozioni di cui parli è ugualmente presente. In Old Joy, ad esempio, basta un primo piano sul viso del protagonista per trasmetterti un mondo di cose.

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  9. Fantastico! Comincerò col vedere allora Old Joy, poi credo Meek's Cutoff, vediamo..
    Piuttosto ti consiglio davvero Gerry, ricalca molto lo stile di Bela Tarr (lo so per sentito dire) a quanto pare, anche se non ho mai visto suoi film, lunghi piani sequenze, paesaggi viscerali, pochi dialoghi (10 minuti in tutto il film), geniale, finora il mio film preferito in assoluto. Ovviamente dovrò visionare Satantango, che dopo aver visto così tanti commenti entusiastici non potrò accantonarlo facilmente. A Turin's Horse lo vedrò dopo..

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  10. La Reichardt ha fatto anche un altro film che si chiama River of Grass, il suo esordio, solo che non ho trovato i sub, o forse non ho trovato proprio il film! Mo' non mi ricordo...

    Infatti ho letto che in Gerry Van Sant ha ringraziato Tarr, ora non so dove di preciso ma è una cosa certa riportata anche da Wikipedia e IMDb :).
    So che è da recuperare, solo che spesse volte quando mi trovo davanti a cineasti del genere mi viene voglia di ripercorrerli dall'inizio per poter capire meglio i loro vertici artistici.

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  11. bel film, Wendy fa davvero tenerezza, sembra la cuginetta di Chris/Supertramp, speriamo la vada meglio,

    Gerry l'ho visto da poco, bello e strano, ci sto ancora pensando

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  12. sì, special thanks a Bela Tarr e c'era anche alla memoria di Ken Kesey, entrambe le cose nei titoli di coda.

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