lunedì 19 ottobre 2009

Le onde del destino

Nonono, per ora io e Von Trier siamo piuttosto lontani. Nel suo modo di fare cinema non riesco a ri-trovarmi, vedo e mi scivola addosso, sento ed è come se non sentissi: senza metabolizzare, senza spingermi a pensare. Ad esclusione di The kingdom (1994), i suoi film finora visti sono connotati da una cifra stilistica che a lungo andare risulta irritante perché al di là di essa c’è poca roba. Nella trilogia E, ad esempio, Von Trier è di una spocchia insopportabile; mette in scena immagini eleganti ed innovative, ma la ricerca visiva supera di brutto la storia raccontata ed allora è dura arrivare fino in fondo. Così come lo è per Le onde del destino. Non c’entra la durata, seppur eccessiva, ma la terrificante banalizzazione che viene fatta dell’amore. La struttura narrativa, facilmente prevedibile (breve presentazione della coppia – unione felice – incidente – divisione drammatica – altro incidente – riunione ultraterrena), non ha mordente, vorrebbe mostrare ciò che per Saint-Exupéry è invisibile agli occhi. Poggiare un film intero su un legame sentimentale totale, completo e assoluto è praticamente un suicidio perché fallendo c’è il rischio di scivolare nel ridicolo involontario. Il fatto che Bess urli continuamente al mondo il suo amore nei confronti di Jan non fa altro che sterilizzare il suo sentimento agli occhi dello spettatore. Rendendo stucchevole il perno su cui si basa la storia, ovvero la storia d’amore, ecco che un sentimento più sconfinato dell’universo rimane intrappolato nel misero rapporto dei due protagonisti. Beninteso, non voglio assolutamente sminuire una relazione così intensa e così tragica che nella realtà cambierebbe senza mezzi termini la vita di due persone, ma riversata su pellicola e proposta in questa maniera (manieristica!) diventa una patetica allegoria dell’amore. Mi va di citare un libro a cui tengo molto ma di cui non farò il nome:

L’amore, ogni vero amore, esprime una forza unitiva che si evolve secondo l’armonizzazione fra mondi differenti conquistati a una comune identità. Ciò che è prossimo si fa prossimità, la bellezza si traduce in bene, la parola diviene gesto composto di premura, sollecitudine, tenerezza, elettività, concordia, forma umana dell’eccellenza.


Apparte che soltanto il mio ridicolo elucubrare limita di per sé questo tema, ma pensate voi se è possibile immortalare in un film le parole citate dal testo. Sì, è possibile, Kim Ki-duk con Ferro 3 (2004) ce l’ha fatta, e ci è riuscito senza far dire una parola ai due protagonisti, mentre qui Emily Watson, brava per carità, nel suo recitare eccessivo finisce per esibire il suo amore piuttosto che trasmetterlo a chi guarda. Lo mette in vetrina, lo grida una, due, dieci, mille volte senza che ce ne fosse bisogno. Ma un sentimento non necessita di tale sfoggio, può essere racchiuso in una parola, in uno sguardo, o in un fotogramma come questo che annienta in un batter d’occhio due ore e passa di girato. Beh, questo è quanto. Crociffigetemi pure. Le onde del destino è il primo capitolo della Trilogia del Cuore d'Oro che prosegue con Idioti (1998) per concludersi con Dancer in the Dark (2000).

8 commenti:

  1. ti dirò,a me von trier piace,,è estremo provocatrorio,se ne fotte dei benpensanti o comunque di quel che si può pensare di lui-le sue intrusioni nei vari generi son sempre intelligenti..ieri ho visto fuoco,di gian vittorio baldi..autore ora circa ottantenne,che avrebbe meriotato una grande carriera,autore indipendente e sfortunatissimo,da questo punto di vista..te lo consiglio..

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  2. Premettendo che io ho visto solo i suoi film fino a Idioti, noto sempre con dispiacere una certa supponenza nel trasmetterne messaggio. Che è provocatorio, sì, ma che si perde nel suo rimirarsi allo specchio.

    Prendo atto di questo Baldi ;).

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  3. non ricordo se parlavo cxon te di downtown 81 di edo bertoglio..fotografo svizzero che ha vissuto a neew york fra la fine dei 70 e i primi 80..è un documnetario su basquiat,durante il quale lui incontra tanti dei grandiosi musicisti dell'epoca..ne ho meso un estratto sul blog,così se non l'hai visto ti fai un'idea..

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  4. no mi spiace, questa volta non sono d'accordo, sarò di parte io, sarò anche un pò masochista. Ma la sua supponenza è qualcosa che va oltre l'autocompiacimento, è una visione malata, totale, vissuta, identificata. Con questo non significa che è una visione assoluta dell'amore, esistono vari tipi d'amore, Bess non è un essere umano comune, è affetta da idiozia, i suo passi sono più grandi dei nostri, le conseguenze di ogni suo passo sono più gravi delle nostre stesse conseguenze. Von Trier propone un'esperienza cinematografica di estrema verità soggettiva, altrimenti, non ci sentiremmo così irritati dall'espressione dei suoi contenuti, che per quanto possano sembrare banali, sono presentati in maniera solida, concreta e scomodissima. Non ci sono mezze misure per un personaggio come Bess. Come non ci sono mezze misure per un regista, che non deve ipocritamente velare la sua autorità, ma semplicemente spiattellarla. Lui è quello che nasconde e rivela, che usa il montaggio per caricare energia, che usa un piacere estetico per ammaliare il tuo cuore, Von Trier se ne sbatte, ti dice chiaramente che è lui a comandare, se hai fiducia in quello che fa, sottomettendoti alla sua autorità allora e bene, sennò niente. E infatti pochi potrebbero accettare un simile compromesso.
    Il merito del suo cinema è proprio quello di smascherarne tutte le sue "leggi". Nessuno potrà mai sapere se il suo cinema è una presa per il culo o è veramente una ricerca profonda dei moti irrazionali dell'animo. La cosa che io personalmente non posso negare è che non mi lascia affatto indifferente, mi sconvolge, emotivamente mi scombussola, io la prima volta che vidi le "Onde del Destino" non avrei mai immaginato dove il film volesse arrivare. Cioè forse si può prevedere il percorso della struttura narrativa, ma non la modalità distruttiva che con cui Von Trier vuole presentartela con le sfumature della sua protagonista. Raramente ricordo di aver visto una performance così inquietante e allo stesso tempo così struggente come quella di Emily Watson.

    Chiudo lo SPOT-pro per il film e tolgo il disturbo. :S

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  5. Ah, ma sei tu J.! Hai cambiato nick!
    Non togliere il disturbo perché sono proprio questi interventi che permettono di allargare i propri orizzonti. Per quanto riguarda il tuo punto di vista, io non concordo sul fatto che esistano vari tipi di amore: cioè, non si può amare allo stesso modo un gatto o una persona (ovviamente il primo molto di più :p), ma il sentimento provato ha una cifra costitutiva che è identica per entrambi. Non è definibile, è "invisibile agli occhi" per l'appunto. E il fatto che Von Trier tenti più e più volte di incastrare sulla pellicola quest'essenza dell'amore mi irrita parecchio.

    Io, in effetti, del compromesso di cui parli non riesco ad accettarlo, ma guarderò tutto di Von Trier perché pur non piacendomi molto riconosco la sua voglia di proporre nuove immagini e nuove suoni. E il cinema ha bisogno di questo.

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  6. Si si! Sono io! Scusa dovevo avvisare :)

    Comunque... no, sarà che io non credo proprio all'amore costituito da una cifra identica per entrambi, a mio parere ognuno vive nel vuoto, per quanto ci si possa legare a una persona, l'amore vive solo in noi stessi, può essere ricambiato, ma non può esserci una certezza che questo sia eguale per tutti e due, perchè è proprio il tempo, la continuità della vita che genera la tragedia dell'asincronia dei sentimenti (nessuno piange allo stesso momento, nessuno è felice allo stesso momento), altrimenti il mondo sarebbe in pace e vivrebbe di matrimoni perfetti. Per questo Bess in modo altamente struggente supera ogni possibilità di cambiamento, lei urla, perchè è sempre uguale a se stessa mentre intorno a lei tutto cambia, il suo ritardo amplifica il suo sentimento, che è come se fosse appeso su un filo ben saldo, sordo delle vibrazioni esterne, di tutto ciò che è al di fuori di se stessa.
    Vive solo per un uomo, il suo corpo può essere profanato, ma spiritualmente lei è legata a un solo uomo, e la volontà di quest'ultimo è la sua ragione di vita. E' come abbandonarsi completamente a una cosa, è un'amore superiore, che ovviamente difficilmente può trovare anche un minimo di comprensione per un comune e mediocre mortale, soprattutto nel momento in cui la natura umana è senza grazia, Bess è l'eccezione di questo covo di avidi ed egoisti. Perciò è una martire, una santa. La critica anticlericale forse è la provocazione più forte di questo film, non si può trovare la morale prima dell'amore, perché allora è lo strazio. E infatti Bess, paradossalmente, al suo disturbo, è l'unica veramente sana in mezzo a quel mattatoio di morti viventi. Non sarebbe mai arrivata a tanto se solo l'uomo avesse avuto più amore per il prossimo invece di moralistici giudizi che pretendo di sapere cosa è giusto per il prossimo.


    Comunque si continua, perchè probabilmente, forse, Dogville potrebbe piacerti, lì abbandona DECISAMENTE questo "Cuore d'oro".

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  7. Mmm non mi convinci :D, comunque rispetto la tua posizione perché argomentata con grande passione e trasporto. Ma su una cosa che ho dimenticato di scrivere ti do pienamente ragione: la critica alla chiesa e a tutti i suoi parrucconi centra il bersaglio.

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  8. Prrrrrrrrr per l!articolo e tutte le baggianate da manuale

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