lunedì 30 marzo 2009

La samaritana

Prima di tutto, prima di due ragazzine che si prostituiscono, prima di padri di famiglia che pagano queste ragazzine in cambio delle loro prestazioni sessuali, prima di un padre poliziotto incazzato nero, prima di una suddivisione del testo filmico in tre capitoli, prima di ogni interpretazione semiotica degna del miglior Umberto Eco, prima di tutto questo, dunque, emerge la scelta di Kim Ki-duk. Quella di affidarsi, per una volta, alle parole. Non ci sono i silenzi delle sue opere precedenti, e future (L’arco, 2005), ma una sceneggiatura irrobustita da dialoghi che nei lavori del cineasta coreano sono vere e proprio mosche bianche.
I primi due capitoli, Vasumita e Samaria, non sembrano neanche partoriti dalla (geniale) mente del regista di Bonghwa. La telecamera è spesso “a spalla” con inquadrature traballanti che seguono da vicino i protagonisti, in una città, Seul, che appare più occidentale di una città occidentale. Non c’è spazio per la poesia di Ferro 3 (2004) o di Primavera… (2003), no. C’è una ragazzina che si prostituisce e una sua amica che le fa da pappona tenendo contabilità e contatti. Il tutto per comprare un biglietto aereo destinazione Europa. Di solito non mi soffermo più di tanto sulle sfilacciature di una trama, soprattutto se si tratta di cinema orientale, e in particolare di Kim Ki-duk. Ma nei primi due capitoli le imperfezioni ci sono e si sentono: perché le due giovinette non cambiavano motel per gli incontri sapendo che la polizia ormai le aveva beccate? E che “strana” coincidenza il fatto che il padre presenzi la scena di un delitto, e affacciandosi casualmente alla finestra veda la figlia che si fa montare da un tizio. Inoltre il suicidio della piccola prostituta è tanto repentino quanto immotivato.
Interessante, però, di come l’amica prenda il suo posto identificandosi con lei. Prima era solo la sua voce, poi diventa anche il suo corpo. Si potrebbe vedere l’una come il doppio dell’altra, con la protagonista che però si sente come in soggezione nei confronti dell’amica, forse a causa della sua formazione cattolica, ma che con la morte di quest’ultima, essa si responsabilizza facendosi carico di una missione: quella di restituire i soldi guadagnati, ma il prezzo da pagare è troppo alto per il padre.

La samaritana al pozzo è un episodio descritto nel vangelo giovanneo, la donna in questione è una peccatrice che ha avuto una vita dura. Ma l’incontro con Gesù nei pressi di un pozzo, cambia profondamente la sua esistenza.
La samaritana di questo film non ha avuto un’infanzia difficile per quel che ci è dato sapere. Ma di certo non apprezza la sua condizione se decide di partire per l’Europa. La condotta che ha non è ammirevole, ma nel terzo capitolo, Sonata, il più kimmiano dei tre, accade qualcosa.
Padre e figlia si allontanano dalla fredda città per smarrirsi, e quindi ritrovarsi, sulle montagne dove è seppellita la madre. Immersa nella natura, la samaritana ritrova la strada giusta nella bella metafora dell’auto e delle pietre colorate. Ma la conclusione non è a lieto fine. Appena finito il percorso disegnato dal padre, l’auto guidata dalla ragazzina incappa in buche e pozzanghere su di una strada che sarà la vita, la sua.

Spesso rileggendo le mie recensioni mi accorgo che alla fine non si capisce se un film mi sia piaciuto o meno. Quindi sarò diretto questa volta: no, non mi è piaciuto. E la motivazione non va ricercata nei difetti o nelle imperfezioni, ma nel fatto che Kim Ki-duk mi aveva abituato sempre a qualcosa di straordinariamente bello, mentre La samaritana è soltanto ordinariamente bello.

8 commenti:

  1. Non sono d'accordo. Ferro 3 rimane sopra tutto e tutti, forse anche l'Arco è migliore, ma questo è un film straordinariamente bello.In accordo con la mia poco nutrita visione della sua filmografia, per me ancora Kim non ha toppato. Ci ho visto anche un pò di Sonatine (migliore di questo, tuttavia)

    Insomma, tanti film straordinariamente belli :)

    Giovanni

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  2. E' un po' il solito discorso: "se lo rivedessi oggidì con occhio più esperto, magari..."
    Comunque su Kim c'è poco da fare, alcuni disprezzano Ferro 3 e L'arco mentre amano le sue opere prime che per il sottoscritto sono parecchio grezze (anche se Real Fiction è una piccola perla), insomma non è facile mettersi d'accordo su di lui, è un regista difficile.
    Però, temo che quando andrai incontro al dittico Time-Soffio lì qualche toppatura la troverai ahimè.

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  3. Ti faccio sapere. La mia priorità ora è Primavera ecc., così chiudo il ciclo dei più noti. Poi credo guarderò gli ultimi, e infine mi butterò sui primi. Non capisco come non si faccia a non amare alla follia Ferro 3. Credo sia il mio film coreano preferito insieme ad Oldboy, e non so se mi spiego.

    G.

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  4. Non li ho visti tutti i film coreani (:D) ma sottoscrivo. Quando sarò vecchio, se mai ci arriverò, dirò ai miei nipotini che a vent'anni ho avuto la fortuna di vedere due capolavori del cinema, son belle cose queste.

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  5. Dovresti guardare Il profumo della papaya verde. Visto troppo tempo fa e conservo la sensazione di aver visto qualcosa di grosso.

    G.

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  6. Era uno dei pochi film di Ki-duk che mi mancava. Ho fatto una fatica immensa a finirlo. Stilisticamente piuttosto deprimente e con un plot molto artificioso.

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  7. Apprezzato e denigrato allo stesso tempo. Kim era anche questo.

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