mercoledì 7 maggio 2008

Gli uccelli

Probabilmente, insieme a Psyco (1960), il film horror più influente nella storia del cinema.
Mai come in questo film Hitchcock affronta una delle tematiche a lui più care: l’ingabbiamento. Già presente in Nodo alla gola (1948), La donna che visse due volte (1958) e La finestra sul cortile (1954). E in molte altre suo opere che non ho visto, per ora.
Il personaggio principale è Melanie Daniels (Tippi Hedren), a suo riguardo, in una intervista, Hitch ha detto: “All’inizio del film c’è Mitch (Rod Taylor) nel negozio dove si vendono gli uccelli. Egli riacciuffa il canarino che era scappato, lo rimette nella gabbia e , ridendo, dice a Melanie: Ritorna nella tua gabbia dorata, Melanine Daniels!. […] Così, più tardi, durante l’attacco dei gabbiani sulla città, quando Melanie si rifugia nella cabina telefonica a vetri, la mia intenzione è di dimostrare che è come un uccello in gabbia.”
Queste frasi sono, a mio avviso, emblematiche per comprendere il film. L’invito a Melanie di tornare in una gabbia dorata è un suggerimento che il regista dà allo spettatore per chiarificare il personaggio di ragazza viziata e ricca. Nella sublime scena della cabina telefonica, la macchina da presa indugia sulle unghie smaltate della Hedren (foto) che sembrano quasi quelle di un pennuto. Nella sequenza finale, Melanie, attaccata dagli uccelli, agita le braccia come le ali di un volatile.
Ma il regista non si ferma qua.
Un’altra interpretazione interessante va analizzata sotto l’ottica della madre, Jessica Tandy. Essa, così apprensiva e possessiva, rappresenta la mamma che non vuole lasciare andare via il proprio figlio dal nido. Basta osservare il suo atteggiamento nei confronti di Melanie al loro primo incontro, per capire quanto sia gelosa di Mitch.
Ma Gli uccelli è anche la natura che si ribella all’uomo, essi non vogliono soffrire più, si organizzano e deturpano i cittadini di ogni classe e ceto: la ricca Melanie viene sfregiata, ma anche il contadino e la maestra sono ghermiti e muoiono. Hitchcock vuole costruire una sorta di apocalisse nei confronti dell’uomo e del suo sadismo, spesso non solo istintivo, ma addirittura programmato, e le battute di caccia ne sono un esmpio.

Nel progetto originale dell’opera gli uccelli avrebbero dovuto apparire sul Golden Gate di San Francisco come monito e minaccia. Il finale, tra l’altro, è particolare perché non presenta il classico the end, dando la sensazione di un orrore senza fine.
Grandiosi gli effetti speciali che gli valsero una nomination all’oscar, in alcune scene sono stati utilizzati uccelli ammaestrati, non così bene però, dato che più volte la troupe fu ferita. Anche la Hedren (madre di Melanie Griffith a cui diede questo nome grazie al ruolo interpretato), ebbe una crisi nervosa durante le riprese, il che contribuì a rendere la sua performance ancora più disperata.
È una pietra miliare della storia del cinema. È un capolavoro? Sì, lo è. Ma non applicherò la mia etichetta “capolavori” perché è soggettiva, i film che se ne pregiano sono opere che mi hanno emozionato, coinvolto. Con Gli uccelli non è successo, resta in ogni caso un cult da vedere assolutamente.

2 commenti:

  1. Una piccola osservazione: come può Tippi Hedren aver chiamato sua figlia Melanie in omaggio al suo personaggio in "The Birds", se Melanie Griffith è nata nel 1957 mentre il film è del 1963?...

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  2. Hai ragione,non ricordo dove l'ho letto ma evidentemente era un errore.

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