mercoledì 20 febbraio 2008

Obsession - Complesso di colpa

Guardi Obsession e pensi a La donna che visse due volte (1958). Considerazione facile facile ma inevitabile, il film di De Palma è un tributo al capolavoro di Hitchcock, chiunque mastichi un po’ di cinema lo sa. Io, per esempio, non lo sapevo.
Stare qui a raccontare le analogie tra i due film mi sembra superfluo, perché sicuramente saranno state scritte pagine e pagine in merito, ma siccome ho poche idee per questo commento, lo faccio.

Se si ha un buon orecchio, e una buona memoria, salta subito all’occhio la somiglianza dei temi musicali: in Obsession ho sentito le stesse musiche “spagnoleggianti” con i loro violini nervosi di Vertigo; spesso, in entrambi i film, ciò che vediamo è in contrasto con ciò che sentiamo, quando Michael e Sandra passeggiano davanti alla chiesa (Vertigo!) fantasticando sul matrimonio imminente, la musica che gli accompagna è cupa e oppressiva.

Oltre a questo, il tema che viene ripreso “in blocco” è, ovviamente, quello del doppio.
Elizabeth muore e risorge come Sandra, Michael vede in Sandra Elizabeth, ma se Hitchcock risolveva (solo apparentemente) l’ingarbugliamento di Judy/Madeleine, con un tradimento da parte dell’amico di Scottie, Gavin Elster, De Palma… utilizza lo stesso stratagemma. Qui c’è il furbetto Bob, l’amico-socio di Michael, che trama alle sue spalle architettando un piano diabolico, l’unica variante è che Sandra è la figlia di Michael.
Cazzo... e perdonatemi il francesismo, in questo film si vede in pratica un padre che s’innamora della figlia, e con la quale, si presume, abbia avuto dei rapporti sessuali. Ciliegina sulla torta, la figlia è consapevole del fatto che Michael sia suo padre.
Scuoto la testa a bocca aperta, qui si parla di incesti e necrofilia quindi? Forse.

Leggo in rete che la sceneggiatura è ricca di incongruenze, e che il film va visto nella sua dimensione quasi onirica che lo permea, sì ok ci sto, tanto mi va bene che il rapinatore non controlli immediatamente la valigia coi soldi finti, ma che la apra soltanto giunto nel suo covo, mi va anche bene che la figlia sia uguale e identica a sua madre, però dimensione onirica o meno qui c’è Sandra che si fa suo padre, e ne è consapevole. Non mi scandalizzo, per carità, però rimango interdetto.
Questo rapporto ambiguo, a ben vedere, è forse la cosa migliore del film (oltre alle musiche), ed ha il suo apice nella scena finale girata al rallentatore, dove Sandra sofferente per essersi recisa i polsi si alza dalla sedia a rotelle per correre incontro a Michael, il quale per liberarsi dalla morsa di un poliziotto usa la valigia piena di soldi che si apre facendo svolazzare via i verdoni. Lo sguardo di Michael è truce, e anche quando i due s’incontrano e lei lo chiama “papà”, lui assume un’espressione più confusa, ed il film termina così.

Boh.

Urgerebbe (esiste sta parola?) un’altra visione, ma non lo faccio neanche se mi pagano (dipende quanto però…).

Il miglior commento su Obsession l’ho trovato su un sito in cui praticamente vengono elencati i vantaggi e gli svantaggi di una pellicola, ebbene, se nei primi si susseguivano sceneggiatura, musiche, recitazione, e qualcos’altro, l’unico svantaggio rimarcato era: Obsession non è Vertigo.

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