giovedì 22 ottobre 2015

Lights Out

Un po’ noir, un po’ biografia, un po’ teen-romance, un po’ nostalgico, l’esordio del francese Fabrice Gobert classe 1974 presentato nell’Un Certain Regard 2010, è un mix degli elementi sopraccitati perché dal genere (soprattutto nella sua accezione americana che tende all’horror) raccoglie alcuni dei suoi tratti distintivi come l’ambientazione (una tranquilla cittadina fuori Parigi) e i protagonisti (una serie di ragazzi e ragazze neanche maggiorenni), dalle esperienze personali il regista trae il principio della storia (un ragazzo che frequentava la stessa scuola di Gobert sparì nel nulla proprio come nel film), dai numerosi rivoli amorosi una ragnatela sentimentale che si dimostra se non il punto saliente dell’opera un crocevia indispensabile per poterne agguantare i significati, dalla nostalgia il sapore malinconico del passato (la vicenda è ambientata nel 1992) situato sia nella contestualizzazione storica che in quella adolescenziale, quel periodo personale passato tra i banchi di scuola dove circospetti o in modo irruento, ma solo per mascherare il timore dell’altro/a, ci si avvicina alla sessualità.

Gli ingredienti girano e rigirano in un calderone la cui partitura ad essere buoni si può definire inflazionata, si tratta dell’ennesima scimmiottatura di Kurosawa che partendo da un evento (qui abbiamo il ritrovamento di un cadavere nel bosco) prosegue a ritroso concentrandosi sui singoli personaggi e sulle loro storie che si intersecano a vicenda. Il progressivo disvelamento in backwards degli snodi narrativi a livello epidermico può essere anche attraente, e Gobert si impegna sotto questo aspetto cercando di ispessire le personalità dei suoi ragazzi attraverso un lavoro certosino che lo ha portato a scrivere dei curricula ad personam da consegnare agli attori inventandosi passioni quali letture, ascolti e visioni dei suddetti. Ma usando uno scandaglio razionale e a mano a mano che la margherita viene sfogliata, di Simon Werner a disparu...(2010) rimane una pochezza lesiva, e ciò per il sottoscritto si deve al fatto che una volta scansate le indagini per risalire al crimine, le quali indagini, come sta accadendo sempre più spesso nel cinema odierno poco interessano, le investigazioni parallele, ossia quelle sulle tracce (intime) degli adolescenti diegetici, si miniaturizzano in baruffe superficiali con tradimenti, infatuazioni e relazioni non efficacemente occultate, illustrando soltanto un episodio più denso ma non ben sviluppato, quello dell’alunno che mette in giro una voce falsa sul padre-professore e della relativa implicazione di Rabier, la più consistente fra tutte le altre macchiette. Leggero rinfrancamento col finale in cui Gobert evidenzia la sua noncuranza verso il fulcro delittuoso mostrando finalmente come sono andati i fatti con una stoccata fulminea e non proprio indolore.

Qualche curiosità.

- Uno dei motivi per cui il film di Gobert non è totalmente precipitato nell’oblio è perché la colonna sonora porta la prestigiosa firma dei Sonic Youth i quali a distanza di otto mesi dall’uscita della pellicola hanno pubblicato un album che racchiude l’intero score. Se volete saperne qualcosa di più la recensione di Ondarock (link) è pronta per essere letta.

- Nella squadra di imberbi attori che compone il film, tutti giovanissimi e con poca esperienza alle spalle, potrebbero fuoriuscire dei futuri protagonisti del cinema francese. Occhio ad Arthur Mazet e alla bellezza pronta a sbocciare di Ana Girardot.

- La 2.4.7. Films qui nelle vesti di compagnia produttrice si affacciò nel business cinematografico con Persepolis (2007).

- A meno che non vi siano precise motivazioni da me non rintracciate, cambiare il titolo in Lights Out è un’operazione degnamente italiota.

2 commenti:

  1. il link di ondarock fa sul serio? nel senso, ritieni davvero siano gente che fa recensioni buone?
    comunque questo posto è carino, non lo conoscevo.
    passa dal mio, sicuramente non lo conosci e forse lo trovi carino a tua volta.
    https://robachevedo.wordpress.com/

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  2. non saprei dato che io di musica ne so zero per cui uso ondarock come una finestra per affacciarmi su panorami che altrimenti non
    conoscerei mai. Mi mancano gli strumenti per valutare quello che i recensori scrivono lì sopra.

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