lunedì 5 novembre 2012

Sleeping Betty

La National Film Board of Canada è una casa di produzione e distribuzione canadese che ha una particolarità: è di proprietà del governo. Dalla data di fondazione (1939) che viene fatta coincidere con un’inchiesta eseguita dal regista John Grierson commissionata direttamente dagli alti poteri per valutare lo stato di salute del cinema in Canada, l’NFB ha proposto nelle kermesse più importanti del globo i suoi preziosi gioielli riscuotendo ampi consensi; solo che in fatto di Oscar ne ha collezionati 20 tutti nella sezione cortometraggi perché sì, questa società è specializzata in film brevi, per lo più animati; tra i titoli recenti spiccano The Danish Poet (2006, vincitore della statuetta per antonomasia ma non il migliore prodotto uscito dalla fucina canadese) e Madame Tutli-Putli (2007, presentazione a Cannes e passaggio al Sundance).

Sleeping Betty (2007), diretto dall’animatore Claude Cloutier, pur facendo parte della scuderia NFB non ha un pedigree così brillante, soprattutto in merito ad apparizioni festivaliere, tuttavia nel suo ristretto arco temporale (giusto 540 secondi) adempie diligentemente il suo dovere, ergo: intrattiene, ma la mission non si limita a stimolare la pavloviana risata dello spettatore che assiste alle gag comiche, peraltro deliziose e ben studiate, c’è un lavoro decisamente più artistico sotto, bonariamente irriverente, che vuole depauperare la fiaba [1], il mito popolare, proprio dove ha giocato in casa per anni, ossia nella classica animazione in 2D che nell’era della grafica computerizzata si può definire ormai un… classico.  I segnali di tale desacralizzazione sono volutamente plateali, e ciò viene indicato fin dall’inizio con quella volpe sul ramo dell’albero che non può che essere ricondotta all’archetipo favolistico per eccellenza: Esopo. È evidente però che il colpo basso viene sferrato alla virilità della cavalleria, quella medievale di estrazione britannica (e infatti l’azione sembra svolgersi in terra anglosassone vista la presenza – ingombrante –  di Enrico VIII, inoltre il nome della protagonista è un diminutivo… regale) e nello specifico al cavaliere spodestato dal proprio ronzino nell’atto eroico che per convenzione gli apparterrebbe.

Un corto da vedere perché formicolante di citazioni (molte delle quali non colte dal sottoscritto) e suggerimenti apprezzabili: né la forza bruta (l’energumeno), né la scienza (il dottore), né la magia (la strega), riescono a scalfire la trance onirica. Per una volta, quindi, ricondurre il narrato alla dimensione del sogno non risulta una ferita sceneggiaturiale immedicabile, anzi, in quel mondo così sgangherato rifugiarsi è proprio bello, almeno fino al prossimo trillo di sveglia.
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[1] Non solo. Rivedendo il film di Cloutier si notano altre piccole dinamitazioni che ribaltano con arguzia quegli assiomi socio-culturali radicati nella vita di ognuno: c’è un John Wayne centauro che non sembra molto avvezzo nell’utilizzare arco e frecce, c’è un alce (animale simbolo del Canada) trasformato in un ibrido bestione, c’è la già citata strega costretta a razzolare il pavimento con una scopa elettrica, e sempre lei, attraverso i suoi trucchetti, mostra allo spettatore una carrellata di manufatti artistici diventati oramai dei loghi, e quindi impoveriti, in qualche modo smitizzati: ecco che abbiamo uno dei faccioni dell’Isola di Pasqua, la Gioconda e un viso picassiano.

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