mercoledì 11 novembre 2009

Encounters at the End of the World

A conti fatti gli mancava solo il Polo Sud.
Innamoratosi dalle riprese subacquee realizzate per L’ignoto spazio profondo (2005), Herzog nel 2007 parte destinazione Antartide con il suo fido operatore Peter Zeitlinger, un uomo che ha preso parte a praticamente tutti i film di Herzog degli ultimi dieci anni come direttore della fotografia.
Scopo di questa gita fuori porta è incontrare, quindi raccontare, esseri umani, e non solo, che vivono alla fine del mondo. Ma di quale mondo si tratti non lo sappiamo, perché di certo non sembra il nostro.

Herzog inizia la sua esplorazione da McMurdo, una base statunitense permanente situata sull’isola di Ross. Poi si reca da alcuni biologi che studiano le creature marine del mare sottostante, poi s’intrattiene con uno studioso di pinguini, poi fa visita ad alcuni vulcanologi concentrati sull’attività di un grosso vulcano.
In questo errare Herzog incontra (quante volte ritorna questa parola?) persone che potrebbero essere dei tanti piccoli Kinski, o dei stralunati Bruno S., oppure degli inguaribili ottimisti come Tim Treadwell. Insomma, le solite storie ai margini della società, routine in pieno Herzog style che ho sentito già decine di volte ma di cui non mi stancherò né ora né mai.
Questa volta hanno colpito la mia attenzione due personaggi. Il primo è un meccanico d’origine azteca che si vanta di aver il dito medio e l’anulare della stessa lunghezza, non so perché ma quel panzone ha un’aria sottilmente inquietante. Il secondo non è propriamente un attore - con Herzog, lo ricordo, anche la natura assume gli stessi connotati del cast – in quanto animale, nella fattispecie pinguino. L’uccello è protagonista della sequenza più toccante del documentario in cui si disegna metafora della poetica herzoghiana allontanandosi dal gruppo di pinguini per viaggiare solitario incontro ad una morte certa. Che sotto quelle piume ci sia stato Cobra Verde, il soldato Woyzeck o il vampiro Nosferatu? Lasciatemi immaginare di sì.

Il taglio registico è il solito. Si alternano panoramiche paesaggistiche (molto suggestive visto l’ambiente ripreso) ad interviste condotte da Herzog stesso che come d’abitudine si cala anche nelle vesti di narratore con quell’adorabile inglese teutonico.
Non il migliore dei suoi doc, ma di certo non sprecherete la vostra esistenza guardandolo.

Il documentario a tutt’oggi non ha ancora avuto una distribuzione ufficiale in Italia.

2 commenti:

  1. fammi apire.che ti piace herzog? eheh ..bè,hai ragione..

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  2. Naaaa, dici? :D
    Ci ho messo più di un anno per vedere (quasi) tutta la sua filmografia, ma ne è valsa la pena.

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