venerdì 1 marzo 2013

Living

Con ancora sedimentata nelle pupille la componente inventiva di Volchok (2009) che regalava più trovate di quante se ne possono rintracciare in un’annata cinematografica nostrana, la visione dell’opera seconda Zhit (2012) obbliga ad una riconsiderazione dei connotati registici di Sigarev. Quello sotto esame è un film di maggior complessità rispetto all’esordio, lo si comprende dalla corposità del plot che non è incentrato soltanto su un rapporto (era mamma-figlia) ma si tripartisce andando a tessere una coralità sui generis che ha come bussola orientante il misurarsi con la morte. Sigarev utilizza il paradosso: intitolare un film così e poi raccontare di tutt’altro (di suicidi, di morti violente) abbandonando le geometrie e la pulizia ottica di Volchok in favore di un realismo che quasi diventa iper, fissato sul corpo degli attori, prodigo di soggettive e sballottamenti. Degli slanci estrosi (magari anche immotivati, ma amen) si perdono un po’ le tracce, il tono, come sottolineato volutamente sulla locandina, è cupo, scolorito, d’essenza funebre, e pur essendoci episodi che vanno per conto loro (la faccenda della bicicletta) la cupola mortuaria che sigilla il quartiere non permette voli pindarici.

In Living Sigarev non investe più sul singolo fotogramma, sull’abbellimento estetico, ma ricerca la via alternativa nella scrittura. Laddove le spiegazioni stanno a zero il giovane cineasta sguazza nella a-razionalità degli accadimenti, creando uno spartito ambiguo che non dissiperà mai, neanche alla fine, le nebbie del dubbio. A differenza di due Autori come Reygadas (Silent Light, 2007) e Dumont (Hors Satan, 2011) che hanno visto nel cinema il sepolcro da cui far alzare il proprio Lazzaro ponendosi quindi come obiettivo quello di inscenare l’indeterminatezza del Miracolo, Sigarev si concentra su chi è testimone del prodigio gettando uno sguardo sì sulla parte umana ma in modo straniante, laterale, periferico, facendo dell’equilibrismo anche spericolato sul baratro dell’incomprensibilità. Però non scivola mai e il sottoscritto assicura che terminata la visione il film è cresciuto di pensiero in pensiero, rivelandosi una disamina originale sull’accettazione del lutto e del suo superamento che procede in maniera ondivaga lasciando aperto l’enigma, non del film in sé, ma della mente che subisce il dolore.
Azzeccato l’etereo tema musicale.

12 commenti:

  1. provo a cercarlo, mi sembra interessante, il precedente l'o trovato, fra un po' lo guardo.

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  2. Sembrano film davvero interessanti, Volchov l'avevo cercato a suo tempo, ma non sono riuscito a trovare i sub italiani (solo quelli inglesi). Peccato. Con quest'ultimo neanche ci provo.

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    1. di "Zhit" ci sono sottotitoli anche in spagnolo (http://www.subtitleseeker.com/Download-movie-2675755/Zhit+2012+1CD-SUB)

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  3. Non esistono sub ita né per Volchok né per Zhit, però se facciamo girare la voce qualche anima pia magari li tradurrà. Io lo spero, questo Sigarev ha stoffa e i suoi due film sono tra le meglio cose viste dal sottoscritto nel 2013.

    Allora fammi sapere poi Ismaele ;)

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    1. Visto ieri sera, questa mattina mi sono svegliato con la sensazione di aver assistito a qualcosa di potente. Quella sensazione oramai capita sempre più di rado e giusto per farti un esempio, è la stessa che mi assalì dopo la visione di Hors Satan. Ora, lungi da me paragonare l'apice dumontiano a questo Zhit (Volchov ancora non l'ho visto) ma tanto è bastato per appuntarmi all'istante il nome di questo (spero) promettente autore.

      A proposito, per pura combinazione ho appena trovato i sub in italiano (http://subscene.com/subtitles/zhit-living/italian/699061).
      Bisogna assolutamente approfondire, magari in notturna visto l'aura funerea che si respira (o era vapore?...)

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  4. è stata la mia stessa sensazione. E vorrei soffermarmi sul fatto che entrambi abbiamo "sentito", il cinema che "si sente" è d'altronde quello che più amo. Rinnego le didascalie e la letteralità, chiedo a registi come Dumont e mettiamoci anche Sigarev di usare una grammatica invisibile, ma sensibile. Sono molto contento che ti sia piaciuto, e sono ancora più contento del fatto che qualche filantropo abbia fatto i sub ita.

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  5. amarissimo.e quel senso di incongruenza che nella prima metà lascia perplessi ma ancora soffici (reduci da volchok) alla fine si fa corpo-sità e lucida comprensione del disegno livido(che sarebbe il giusto titolo).
    le musiche non si lavano di dosso facilmente.

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  6. Livido, anche e soprattutto quello che ti lascia dopo la visione.

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  7. qualcuno potrebbe postare il link dove scaricarlo? Grazie.

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