Una forte continuità
lega gli esemplari che popolano la filmografia di Weerasethakul,
vedere Rak ti Khon Kaen (2015) è vedere Tropical Malady (2004) o Syndromes and a Century (2006), il punto è
che qui l’atto di vedere si risemantizza, ogni film del regista
thai non è più soltanto fruizione poiché un
cinema del genere si fa compenetrante, è organismo attivo che
pigia arrugginiti interruttori celebrali, è manifestazione di
alterità, dialogo con l’impossibile, cartina geografica di
un mondo che semplicemente non conosciamo. Nessuna sviolinata: quello
che accade in Cemetery of Splendour è… no, non ha
senso cercare un rifugio nella comodità dei fatti annotati,
Weerasethakul è uno dei pochi registi (e non si dice “è
l’unico” perché si è sempre un po’ codardi) in
grado di polverizzare i meccanismi appiattenti del cinema e
soprattutto sa andare oltre, ma è un oltre vero, senza
retorica alcuna: i suoi film ti aprono e nell’incontro con una
realtà così altra accompagnata dalla stupenda
constatazione che ci possono essere visioni sempre più
ulteriori, se ne esce arricchiti. Vedere ha perciò un nuovo
senso: è esperienza, l’extracorporeo che si incarna, la
morte che appaia la vita, quanta sfuggevole grandezza dentro una
baracca nei pressi di una foresta.
Meglio o peggio de Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010),
continuazione o meno di Mekong Hotel (2012), Cemetery of Splendour è nuovamente una tavola rotonda di entità
impalpabili, un forum dove Apichatpong persegue la propria idea di
reale fuso nel sogno, le dicotomie si fanno unicum (pensiamo
alla protagonista che trova vicinanza [ma non amore probabilmente] in
una persona così diversa da lei come l’americano Richard),
si scambiano (le divinità diventano ragazze qualunque, una
ragazza qualunque diventa una dea capace di leggere il pensiero), e
negli incessanti nonché vertiginosi cortocircuiti spicca la
figura di Itt che mi pare possa incarnare e ovviamente eterizzare
(passatemi il termine) il cinema di Weerasethakul, Itt sta al confine
(come il soldato che è stato), galleggia tra la dimensione del
sonno e quella della veglia, ed ha anche la capacità di
reincarnarsi (sebbene non vi sia un decesso), di invadere il corpo
della medium (come se fosse il nostro) e di permettere che il suo
sguardo possa andare al di là del presente e sfondare il tempo,
quindi, nella lunga e bellissima scena che si conclude con la catarsi
della latente tensione sessuale tra la donna e il ragazzo, non più
la giungla ma quello che c’era prima (non più gli scavi, di
nuovo: quello che c’era prima o che ci sarà; chissà
cosa…)
Così Weerasethakul
tradotto da me e preso da qui:
rispetto ai miei lavori
precedenti penso che la dimensione onirica in Cemetery of
Splendour sia più personale. Qui, dal momento che penso di
star lavorando meno a livello intellettuale e più su quello
emotivo, sono molto interessato alle limitazioni del cinema, ai suoi
codici e alle possibili sperimentazioni sulla forma. Per questo ho
girato l’intero film nella mia città natale, sentivo che la
città era cambiata così velocemente. Con l’ascesa del
potere militare nel Paese, sento che le persone sono confuse su come
sarà il futuro e hanno bisogno di scappare. Un modo per
fuggire è quello di sognare, di dormire e trovare una realtà
diversa.
Dove si può trovare?
RispondiEliminaTorrent mi pare. Su Asian World ci sono anche i sottotitoli italiani.
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