Dal 1961 Justo Gallego
Martínez, ex monaco spagnolo, sta costruendo con le proprie
mani, mattone dopo mattone, vetrata dopo vetrata, una cattedrale
presso Mejorada del Campo, comune non distante da Madrid. Justo,
classe 1925, non ha mai avuto alcuna formazione ingegneristica (pare
che non abbia avuto alcuna formazione tout court), e il suo
folle(ttiano) progetto non ha altra base su cui posarsi che
non sia la fede smisurata verso Dio. Alessio Rigo de Righi e Aliocha
Allard si cimentano in questo documentario breve dal sapore molto
herzoghiano (e in mano ad un professionista Catedral [2009]
chissà cosa sarebbe potuto essere: inevitabilmente dell’altro,
nel bene e ne male), film centrato sull’uomo e sulla sua enorme
ambizione pari, se non maggiore, al voler trasportare una nave sopra
un monte o al voler convivere con degli orsi selvatici. È una
pazzia ammirevole quella che filtra dalla tenacia di Justo Gallego e
a mio avviso è utile sfrondarla da tutte le implicazioni
religiose: non mi pare fondamentale considerare l’edificazione
della chiesa un sintomo di totale devozione nei confronti del proprio
credo, una visione più laica spinge il sottoscritto a
meravigliarsi al cospetto di una perseveranza, di un impegno, di un
sacrificio squisitamente terreno.
Casualmente, nello stesso
anno di questo Catedral, un regista di nome James Morgan si è
a sua volta introdotto nella faticosa esistenza di Gallego
realizzando il corto El loco de la Catedral. Confrontando i
due lavori, per forza di cose molto simili, si può notare un
diverso approccio normativo; Rigo de Righi e Aliocha optano per una
prassi meditativa dove alle suggestive immagini della cattedrale
vengono alternate le elucubrazioni di Justo che non riguardano
direttamente l’innalzamento dell'edificio bensì il suo
pensiero sulla vita, la fede, il mondo, ecc. Morgan invece veste i
panni del diligente documentarista e snocciolate varie informazioni
si mette ad intervistare anche le persone che ruotano intorno a Justo
scoprendo un Personaggio come il cognato o venendo a conoscenza delle
confidenze fatte dalle comari che giocano a carte. A Catedral
manca un po’ una sana e semplice porzione divulgativa, soprattutto
perché la vicenda sotto esame è talmente [usate
l’aggettivo che più vi aggrada] che si vorrebbe entrare in
possesso del maggior numero di delucidazioni possibile (partendo
dalla più stupida: come accidenti ha fatto ad erigere il
tetto?), una tale assenza di sottolineature è medicata dalla
fascinazione visiva, ma l’impressione che la questione sia lontana
dall’esser stata esaurita permane anche dopo i titoli di coda.
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