Il vigilantes di un
supermercato coglie in flagrante una ladruncola.
Non sarebbe un peccato
mortale glissare su questo sconosciuto corto tedesco diretto da un
tale di nome Lars Henning perché, senza troppe
circonlocuzioni, Security (2006) è talmente esile,
monodimensionale ed elementare da mettere in crisi anche il più
prolisso dei recensori. Chi scrive preferisce allora soffermarsi
sull’impalcatura eretta dal regista (anche sceneggiatore) e sul
colpo di scena che rovescia – letteralmente – i ruoli degli unici
due personaggi in scena. All’incirca, assistendo agli ultimi cinque
minuti del film, sono sorti i medesimi dubbi partoriti dalla visione
di un altro cortometraggio inessenziale come Still Life
(2005), per sommi capi: quanto credito si può dare ad un’idea
che si limita esclusivamente a far leva su un capovolgimento
narrativo? A priori la risposta non sarebbe granché
conciliante con chi tale idea l’ha pensata, cioè: vogliamo,
ora e sempre, un cinema che sia capace di sorprenderci senza
trucchetti o escamotage superficiali, che ci indichi la strada senza
guidarci su binari predeterminati, e non importa se si tratta di un
film di Lav Diaz o di un corticino teutonico, ciò che si
chiede è una circuizione pacifica, placida invasione
reciproca. In Security non vi è nulla di quanto ho
appena blaterato e, sapete che c’è?, probabilmente va bene
in egual maniera: sarà il garbo europeo abbastanza lontano dal
dozzinale o sarà che ‘sto benedetto effetto sorpresa con
tutte le limitazioni del caso fa il suo dovere, fatto è che al lavoro di Henning
si guarda con un certo sorriso, reazione naturale ad un’operetta
senza pretese che sa accaparrarsi il rispetto minimo senza il quale
rischierebbe di scivolare nell’incolore.
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