E così, dopo Benny’s Video, sono a 2/3 della trilogia della glaciazione, ora mi manca solo The Seventh Continent (1989) che dubito riuscirò a trovare, ma pensavo la stessa cosa di questo e quindi non perdo la speranza.
71 frammenti di una cronologia del caso è indubbiamente un film complesso.
Che cosa ci ha voluto dire Haneke ?
Difficile dare una risposta precisa, come ogni suo film l’assimilazione dei contenuti non è cosa semplice né immediata. Partendo dalla fine si potrebbe dire che sia la cronistoria di un secondo di follia generato da una sequenza di azioni ordinarie. Ma prima della fine, attraverso un montaggio artificioso per certi versi simile a quello di alcuni film corali come America oggi (1993) o 21 grammi (2003), Haneke mette in scena l’indifferenza e la freddezza degli esseri umani. Come al solito non esiste alcun tipo di score, e l’obiettivo della mdp è il nostro occhio che spia la vita di alcuni viennesi dentro alle loro case, nell’intimità, mettendo a nudo le loro paure e dimostrando, a mio avviso, di quanto gli uomini siano soli.
E quindi ecco che l’anziano chiama in continuazione la figlia; il padre prega, e questa è una scena grandissima, il signore affinché vada tutto bene, ma la sua vita coniugale sta andando a rotoli ed in più sarà testimone dell’omicidio in banca; il bambino rumeno che ha viaggiato dentro ad un camion per arrivare in Austria viene adottato da una coppia che non è riuscita a legare con una bimba precedentemente accolta; il giovane studente che chiama ogni giorno i genitori viene ripreso duramente dal suo insegnante di ping-pong. Sono tutti soli.
71 frammenti di una cronologia del caso è indubbiamente un film complesso.
Che cosa ci ha voluto dire Haneke ?
Difficile dare una risposta precisa, come ogni suo film l’assimilazione dei contenuti non è cosa semplice né immediata. Partendo dalla fine si potrebbe dire che sia la cronistoria di un secondo di follia generato da una sequenza di azioni ordinarie. Ma prima della fine, attraverso un montaggio artificioso per certi versi simile a quello di alcuni film corali come America oggi (1993) o 21 grammi (2003), Haneke mette in scena l’indifferenza e la freddezza degli esseri umani. Come al solito non esiste alcun tipo di score, e l’obiettivo della mdp è il nostro occhio che spia la vita di alcuni viennesi dentro alle loro case, nell’intimità, mettendo a nudo le loro paure e dimostrando, a mio avviso, di quanto gli uomini siano soli.
E quindi ecco che l’anziano chiama in continuazione la figlia; il padre prega, e questa è una scena grandissima, il signore affinché vada tutto bene, ma la sua vita coniugale sta andando a rotoli ed in più sarà testimone dell’omicidio in banca; il bambino rumeno che ha viaggiato dentro ad un camion per arrivare in Austria viene adottato da una coppia che non è riuscita a legare con una bimba precedentemente accolta; il giovane studente che chiama ogni giorno i genitori viene ripreso duramente dal suo insegnante di ping-pong. Sono tutti soli.
Alla fine si tirano le somme dei possibili incroci che convergono all’interno della banca, luogo della strage che viene ripresa impietosamente dalle tv e trasmessa al tg tra la notizia di Michael Jackson accusato di pedofilia, e le ultime della guerra balcanica (siamo nel ’93).
E poi basta, schermo nero, fine dei frammenti.
I 71 frammenti a cui fa il riferimento il titolo credo che siano i continui stacchi che la mdp effettua per passare da un personaggio all’altro. Alla solita regia distaccata di Haneke questa volta vi si aggiunge una struttura circolare non particolarmente innovativa ma ben costruita e, pur restando rigida e asciutta, per certi versi intrigante.
I 71 frammenti a cui fa il riferimento il titolo credo che siano i continui stacchi che la mdp effettua per passare da un personaggio all’altro. Alla solita regia distaccata di Haneke questa volta vi si aggiunge una struttura circolare non particolarmente innovativa ma ben costruita e, pur restando rigida e asciutta, per certi versi intrigante.
A me è piaciuto un sacco, ma resta pur sempre Haneke: prendere o lasciare.
Perche non:)
RispondiEliminaBello, certo forse il meno interessante della trilogia, però ci sono alcune sequenze molto efficaci. Io credo che tutto il senso del film sia racchiuso in questo dialogo:
RispondiElimina-"Se scommetti che lui esiste vinci tutto. Se non esiste non perdi niente"
L'altro dice: "Perché dovrei scommettere?"
Il primo gli risponde: "Non hai scelta: sei in ballo e devi ballare!"
- E' un punto di vista, se non voglio non lo faccio.
- Non scommettendo neghi la sua esistenza.
- Non puoi negare che non votare, sia comunque un atto politico.
Cioè è come se la volontà della società sia strettamente legata ad azioni di sopraffazione che sono proficue a livello economico. La vittoria è l'unico scopo, l'unica ragione che riempie la loro esistenza. Chi nega questa esistenza, è disagiato, significa "non ballare come tutti", significa che solo la follia può manifestare nella sua brutalità tutta l'umanità che vive proprio nella contraddizione delle regole di quel grande gioco.
"Il settimo continente" rimane comunque il capolavoro della trilogia ;)
Eh, purtroppo è passato un anno e mezzo da quando l'ho visto e il dialogo che citi non me lo ricordo.
RispondiEliminaPerò concordo sul fatto che Il settimo continente sia il più riuscito dei tre (non che gli altri due siano delle merdine, tutt'altro!). E pensare che quello sia stato il suo primo lungometraggio ha dell'incredibile!
Ho letto che in estate inizieranno le riprese di un suo nuovo film che affronta il tema della vecchiaia. Io mi frego già le mani...