Un tappeto giallo arrotolato incombe nel soggiorno di Antonio e Franca. Il sonno di quest’ultima è agitato da antichi fantasmi che riemergono dal passato e che infastidiscono il marito. La cura per Franca decisa da Antonio è ai limiti della psichiatria, anzi decisamente oltre, la metodologia utilizzata dai sedicenti dottori è piuttosto discutibile ma indubbiamente efficace. Il professore si finge un’acquirente del tappeto che con fare ambiguo rinchiude Franca nella sua stessa casa, attuando una violenza psicologica che porterà la donna ad ucciderlo (ma in realtà il coltello è finto). Subito dopo entra in scena la moglie del professore (Milena Vukotic), che, sempre recitando una parte, fa crollare come un castello di carte le supposizioni fatte fino a quel momento sul marito. In realtà il professore è un ex paziente della Vukotic con la quale ha messo su una “squadra” specializzata nella risoluzione di traumi psicologici, essi sono stati assoldati da Antonio per liberare Carla dall’ombra del suo patrigno con il quale ha avuto dei rapporti incestuosi.
L’idea di fondo, che è tratta dalla pièce teatrale Teatro a domicilio di Aldo Selleri, è intrigante ma non è sorretta da una sceneggiatura adeguata. Ad esempio il dialogo finale tra il professore e la dottoressa è davvero ridicolo in quanto serve solo a spiegare dei punti oscuri allo spettatore nel procedimento della “terapia”, ma la forzatura è notevole in quanto i due sanno benissimo come è andata essendo stati loro i protagonisti della cura! Senza la loro presenza però il film scivolerebbe nella mediocrità, l’interpretazione di Milena Vukotic ma soprattutto di Erland Josephson sono magistrali, mentre quella della protagonista, Beatrice Romand, scricchiola palesemente.
Questo film di Lizzani non è malvagio, per un breve lasso di tempo riesce a disorientare lo spettatore sgretolando le certezze acquisite in seguito agli innumerevoli colpi di scena, ma l’effetto finisce nell’ultima mezz’ora in cui si capisce già tutto prima dello spiegone finale.
Forse chissà, da un remake con un budget un po’ più alto ne potrebbe uscire qualcosa di buono…
L’idea di fondo, che è tratta dalla pièce teatrale Teatro a domicilio di Aldo Selleri, è intrigante ma non è sorretta da una sceneggiatura adeguata. Ad esempio il dialogo finale tra il professore e la dottoressa è davvero ridicolo in quanto serve solo a spiegare dei punti oscuri allo spettatore nel procedimento della “terapia”, ma la forzatura è notevole in quanto i due sanno benissimo come è andata essendo stati loro i protagonisti della cura! Senza la loro presenza però il film scivolerebbe nella mediocrità, l’interpretazione di Milena Vukotic ma soprattutto di Erland Josephson sono magistrali, mentre quella della protagonista, Beatrice Romand, scricchiola palesemente.
Questo film di Lizzani non è malvagio, per un breve lasso di tempo riesce a disorientare lo spettatore sgretolando le certezze acquisite in seguito agli innumerevoli colpi di scena, ma l’effetto finisce nell’ultima mezz’ora in cui si capisce già tutto prima dello spiegone finale.
Forse chissà, da un remake con un budget un po’ più alto ne potrebbe uscire qualcosa di buono…
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