La demora (2012)
non è il primo e non sarà di sicuro l’ultimo film a
trattare certi argomenti (di recente avete potuto vedere Florida
[2015] di Philippe Le Guay) poiché il tema della demenza
senile si presta bene a forum in cui un regista può
artisticamente esprimersi, e l’uruguaiano Rodrigo Plà si
cimenta in materia con un approccio allineato a molti film
sudamericani visti negli ultimi anni accomunati da una similare
atmosfera (vedi Whisky [2004], Leap Year [2010], Las Acacias [2011], ecc.) e quindi la sottrazione diventa un atto di
fede registica dove tutto o quasi è trattenuto, sedato,
rabbonito, è il solito contrasto che così si crea:
sulla scena dobbiamo confrontarci con un dramma notevole, ma suddetto
dramma viene trasmesso senza accenti o intensificazioni di sorta e
procedendo sottotraccia questo genere di opere avanzano, al netto di
qualche inciampo, verso il cuore delle cose, quel nucleo narrativo
che sorregge le storie.
C’è però
un grosso problema alla fonte nel film di Plà che riguarda
proprio la componente drammatica, difatti una domanda si pone da
sola: qual è l’origine dell’elemento tragico? Il punto è
dolente perché l’elemento in esame proviene dalla scrittura,
ovvero dalla sceneggiatura, a causa della quale il film si ammanta di
un meccanismo pieno di forzature in cui il ricorrere alla sospensione
dell’incredulità non è abbastanza. Purtroppo in una
dimensione finzionale come quella de La demora che si affida
esclusivamente ad un metodo di trasmissione canonico fatto di cause
ed effetti, il piano della figlia per far sì che il padre
venga accettato in una struttura di ricovero bypassando la
burocrazia, è di una fragilità lampante oltre che una
mera strumentalizzazione per toccare la sensibilità
spettatoriale giocando facilissimo: lasciare un vecchietto malato e
indifeso sulla panchina di un parco non può che suscitare
pietà, ma accendendo l’interruttore critico e soffermandosi
sui fatti visti e sui loro presupposti (la difficile situazione
esistenziale della donna), è legittimo additare un dispositivo
di tal fatta.
Tentando un paragone
sbagliato (poiché paragonare è di per sé un
metro di giudizio errato) tra La demora e Cavallo Denaro
(2014), possiamo constatare un diverso avvicinamento ad una mente in
regressione come quella dei due vecchietti protagonisti dei
rispettivi film, è chiaro che l’idea di Costa è di un
livello superiore perché non si interessa dell’esteriorità,
delle conseguenze provocate dalla malattia sulle persone che vi
entrano in contatto, ma tenta l’impossibile proiettandosi in un
cervello obliato, Plà al contrario mostra appena appena il vedibile
della superficie, sta all’intrepido spettatore la scelta di dove
voler posare il proprio sguardo.
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