Kitano ripropone la leggenda del massaggiatore cieco Zatoichi, una vera e propria istituzione in Giappone essendo protagonista di ben 26 film tutti inediti nel nostro paese.
A prescindere dalle varie considerazioni che si possono fare sull’opera, mi sembra ineluttabile sottolineare la prova di Kitano attore, che non sarà De Niro o Jack Nicholson ma che però riesce in una qualche maniera che mi sfugge a calamitare l’attenzione dello spettatore pur restando la maggior parte del tempo in silenzio, e la stessa sensazione l’avevo provata guardando Brother (2000), anche lì Kitano sprizza un carisma fuori dal comune… forse sarà quella sua espressione un po’ innaturale dovuta ad un grave incidente motociclistico nel 94, o forse quell’impercettibile tic che io credevo fosse voluto nel film sopraccitato mentre invece viene riproposto anche qua. Io non lo so, fatto sta che la mia attenzione al film era direttamente proporzionale alle sue entrate in scena, e sì perché se all’inizio ho detto che Zatoichi è un massaggiatore in realtà è anche un virtuoso della spada che nel suo vagabondare giunge in un villaggio dove è in corso una sanguinosa faida tra famiglie. Il massaggiatore decide di aiutare i più deboli portando a compimento una vendetta attesa da anni.
Il sangue non manca, le spade disegnano ferite sui corpi dei poveri sventurati come pennelli su di una tela, sembra proprio una violenza più "artistica", se così si può dire, diversa, per esempio, da quella occidentale di Kill Bill. Kitano poi inserisce parecchi siparietti comici all’interno della pellicola (il personaggio di Zatoichi era stato proposto in chiave umoristica nel suo Getting any?) come il ragazzo che si crede samurai e corre come un matto tra i campi di riso. Inoltre il regista fonde musica e film in una cosa sola. I balletti dei contadini sotto la pioggia, o lo strambo e coinvolgente tip-tap finale sono elementi che si amalgamano con i combattimenti iper-violenti fino a essere quasi indistinguibili.
C’è un però.
Ho visto Zatoichi in circa tre giorni, spezzettandolo in più e più parti. Non per mancanza di tempo, di quello ne ho in abbondanza, semplicemente perché non ero catturato dalla storia. E questo è un brutto segnale perché significa che non mi ha incollato allo schermo.
Il sangue non manca, le spade disegnano ferite sui corpi dei poveri sventurati come pennelli su di una tela, sembra proprio una violenza più "artistica", se così si può dire, diversa, per esempio, da quella occidentale di Kill Bill. Kitano poi inserisce parecchi siparietti comici all’interno della pellicola (il personaggio di Zatoichi era stato proposto in chiave umoristica nel suo Getting any?) come il ragazzo che si crede samurai e corre come un matto tra i campi di riso. Inoltre il regista fonde musica e film in una cosa sola. I balletti dei contadini sotto la pioggia, o lo strambo e coinvolgente tip-tap finale sono elementi che si amalgamano con i combattimenti iper-violenti fino a essere quasi indistinguibili.
C’è un però.
Ho visto Zatoichi in circa tre giorni, spezzettandolo in più e più parti. Non per mancanza di tempo, di quello ne ho in abbondanza, semplicemente perché non ero catturato dalla storia. E questo è un brutto segnale perché significa che non mi ha incollato allo schermo.
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