giovedì 25 gennaio 2018

Familystrip

Lluís Miñarro è un produttore catalano classe ’49 che dall’inizio degli anni zero in poi ha finanziato moltissimi film trattati e apprezzati anche su codeste pagine, li cito per comprendere meglio l’intuito di quest’uomo: Honour of the Knights (2006), In the City of Sylvia (2007), Birdsong (2008), El somni (2008), Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010), Finisterrae (2010), La mosquitera (2010), Aita (2010), tutto ciò (e molto altro), fino al 2009, data in cui, all’età di sessant’anni tondi, decide con Familystrip di affiancare all’attività principale anche quella di regista. La partenza è… come dire, parecchio “soft”, infatti l’opera in questione tocca una amatorialità quasi inevitabile visto che parliamo di un titolo domestico, una specie di filmino famigliare che non sfigurerebbe sullo scaffale di un’abitazione insieme, se esistessero ancora, ad altre impolverate VHS. Forse si esagera un po’ perché Miñarro si avvale comunque di una fonica e intuiamo inoltre almeno due videocamere che riprendono la scena, però nel complesso Familystrip è un oggetto esile esile, per il regista l’idea fondante è quella di immortalare i propri genitori a loro volta immortalati su un quadro dal pittore Francesc Herrero (a cui il film è dedicato poiché suicidatosi a ventisette anni), quindi abbiamo una stasi “casalinga” in cui l’anziana coppia, costituita da un’arcigna nonnina di origini andaluse e da un ex aviatore ora appassionato di modellismo, discute della vita, dei figli, del passato, della guerra, della Spagna.

Ritengo ci siano due tipi di interesse per forza di cose superiori a quello che potrebbe essere il nostro di spettatori non-iberici. Il primo è quello strettamente personale di Miñarro visto che Familystrip è più di ogni altra cosa un lavoro intimo, una fotografia in movimento che la stessa madre benedice: “potrai guardarci qui quando non ci saremo più”. Di conseguenza non è così facile penetrare in una sfera talmente personale, certo i due vecchietti fanno tenerezza e suscitano simpatia (a prescindere dalla nazionalità i loro discorsi sono gli stessi che potremmo udire in qualche altro Paese occidentale per bocca di loro coetanei), ma non basta, l’assenza di vero cinema ci fa sentire degli impiccioni, non facciamo parte di un ritratto famigliare del genere e non siamo nemmeno invogliati ad esserlo. Il secondo riguarda le tematiche “spagnole” affrontate dai due coniugi perché avendo passato insieme più di sessant’anni la loro storia si è intrecciata alla Storia, quella spagnola, tra guerre, monarchie e repubbliche, la testimonianza toccherà maggiormente chi calpesta o ha calpestato i luoghi di tali accadimenti e decisamente meno chi è al di qua dei Pirenei. Dopo i due step sopraccitati quanto rimane di Familystrip è facile immaginarlo: una punta di affetto, un’altra di nostalgia, e la voglia subitanea di mettersi alla ricerca di un altro film da vedere.

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