Lluís Miñarro è un
produttore catalano classe ’49 che dall’inizio degli anni zero in
poi ha finanziato moltissimi film trattati e apprezzati anche su
codeste pagine, li cito per comprendere meglio l’intuito di
quest’uomo: Honour of the Knights (2006), In the City of Sylvia (2007), Birdsong (2008), El somni (2008), Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010), Finisterrae
(2010), La mosquitera (2010), Aita (2010), tutto ciò (e molto altro), fino al 2009, data in cui, all’età di
sessant’anni tondi, decide con Familystrip di affiancare
all’attività principale anche quella di regista. La partenza è…
come dire, parecchio “soft”, infatti l’opera in questione tocca
una amatorialità quasi inevitabile visto che parliamo di un titolo
domestico, una specie di filmino famigliare che non sfigurerebbe
sullo scaffale di un’abitazione insieme, se esistessero ancora, ad
altre impolverate VHS. Forse si esagera un po’ perché Miñarro si
avvale comunque di una fonica e intuiamo inoltre almeno due
videocamere che riprendono la scena, però nel complesso Familystrip
è un oggetto esile esile, per il regista l’idea fondante è quella
di immortalare i propri genitori a loro volta immortalati su un
quadro dal pittore Francesc Herrero (a cui il film è dedicato poiché
suicidatosi a ventisette anni), quindi abbiamo una stasi “casalinga”
in cui l’anziana coppia, costituita da un’arcigna nonnina di
origini andaluse e da un ex aviatore ora appassionato di modellismo,
discute della vita, dei figli, del passato, della guerra, della
Spagna.
Ritengo ci siano due tipi
di interesse per forza di cose superiori a quello che potrebbe essere
il nostro di spettatori non-iberici. Il primo è quello strettamente
personale di Miñarro visto che Familystrip è più di ogni
altra cosa un lavoro intimo, una fotografia in movimento che la
stessa madre benedice: “potrai guardarci qui quando non ci saremo
più”. Di conseguenza non è così facile penetrare in una sfera
talmente personale, certo i due vecchietti fanno tenerezza e
suscitano simpatia (a prescindere dalla nazionalità i loro discorsi
sono gli stessi che potremmo udire in qualche altro Paese occidentale
per bocca di loro coetanei), ma non basta, l’assenza di vero cinema
ci fa sentire degli impiccioni, non facciamo parte di un ritratto
famigliare del genere e non siamo nemmeno invogliati ad esserlo. Il
secondo riguarda le tematiche “spagnole” affrontate dai due
coniugi perché avendo passato insieme più di sessant’anni la loro
storia si è intrecciata alla Storia, quella spagnola, tra guerre,
monarchie e repubbliche, la testimonianza toccherà maggiormente chi
calpesta o ha calpestato i luoghi di tali accadimenti e decisamente
meno chi è al di qua dei Pirenei. Dopo i due step sopraccitati quanto
rimane di Familystrip è facile immaginarlo: una punta di
affetto, un’altra di nostalgia, e la voglia subitanea di mettersi
alla ricerca di un altro film da vedere.
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