sabato 27 agosto 2016

Palmipédarium

È la stessa delicatezza di Une histoire vertébrale (2004) e Skhizein (2008) ad incorniciare Palmipédarium (2012), terzo cortometraggio nella carriera del bravo animatore francese Jérémy Clapin, e come egli stesso ammette in una intervista (link) quest’ultimo lavoro è un film che punta all’atmosfera piuttosto che ad una possibile tenuta concettuale. Non si può che dargli ragione poiché una volta conclusosi il decimo minuto, Palmipédarium ha meno di celebrale rispetto ai due predecessori e di conseguenza non riesce a toccare corde particolarmente sotterranee, l’immediatezza della storia si palesa con un’inequivocabile semplicità: ci si può rivedere nel bambino, sì, ma, come dire, non vi è la stessa incisività riscontrata guardando l’uomo col collo ad angolo retto o quello con l’esistenza spostata di 91 cm. La questione di un mancato risvolto sottotestuale appagante scredita il corto nei confronti di chi cerca sempre e comunque un’àncora in questo mondo brutto e cattivo, anche se si tratta di un minuscolo esemplare di cinema come quello di Clapin.

Resiste comunque quella bruma suadente che sfiora il senso estetico. Nella visione del film sopravvive una forma di nostalgia che lo differenzia dalla mediocrità e pur non scendendo troppo nelle aree intime la tavolozza del regista restituisce i pigmenti dell’infanzia mostrando le manifestazioni esteriori della vita di un bimbo (la condivisione del tempo libero col padre) e, si ipotizza, quelle interiori. In un tale spazio si intravede la possibilità di andare oltre il figurato: lo strano bipede implume parrebbe una proiezione immaginaria del piccolo protagonista (il dettaglio degli animali esotici disegnati sul foglio appeso al muro della cameretta è un indizio); il mostro diventa amico (anche lui getta la pietra nello stagno), compagno da aiutare (le zampe… pinnate), da riabilitare, e poi? Un’interpretazione non convintissima potrebbe vedere nel decollo, e quindi nell’allontanamento dalla propria fantasia, la fine di un’età (il bambino che simula un colpo di fucile), anche se, come detto, Palmipédarium non ha i presupposti per uno slancio ispirativo di tal fatta, per cui è meglio non esagerare in sovradecifrazioni e restare con le immagini per terra.

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