Si sa: Veronika Franz
oltre che moglie di Urlich Seidl è anche sua collaboratrice da
Canicola (2001) in avanti, la penna e l’occhio al fianco del
marito per più di tre lustri. Ora la Franz debutta nel
lungometraggio di finzione insieme a Severin Fiala, con il quale
aveva già co-diretto un documentario intitolato Kern
(2012), portando Ich seh ich seh (2014) a Venezia, Festival a
cui il buon Ulrich è abbonato da anni, che ci fa porre in fase
di pre-visione una domanda: sarà questa un’opera che si fa
protesi di quelle del coniuge? La risposta è no. Goodnight
Mommy non fa parte di quel cinema proposto con costanza (anche
troppa oramai) dall’autore austriaco, il che potrebbe essere una
buona notizia poiché si penserebbe ad un’emancipazione
artistica da parte della donna magari vogliosa di liberarsi dai
canoni seidliani, purtroppo però la Franz pur dribblando la
“solita” incursione nella purulenta vita borghese, finisce
comunque per assoggettarsi a dei canoni, ancor più pericolosi,
perché al di là di una geometria ottica e di una tendenza
ad omettere spiegazioni, Ich seh ich seh è un film
codificato appositamente per la legge della sala e per un pubblico
che vuole leggere facile ma non troppo, che chiede il brividello ma
anche la necessaria e per loro indispensabile chiusura del cerchio.
Non ci sarebbe da stupirci se tra una decina di anni di Goodnight
Mommy venisse fatto un remake dall’altra parte dell’Atlantico…
Ad ogni modo, se siamo in
ballo balliamo: differenziandosi un po’ dai thriller americani per
il suo taglio (diciamo) europeo, la pellicola ha anche i cosiddetti
“momenti”, più che altro coriandoli, robette che edificano
una cupola di tensione attorno ai tre personaggi ma che domattina
avremo già dimenticato. A mente fredda, e ripensando
a quanto visto, è difficile trovare appagamento in un registro
che da Hitchcock in poi non ha granché da dirci, e la
ripetizione di certi schemi uniti ad altrettante situazioni
rinvenibili in parecchi titoli della medesima categoria affondano
l’impianto complessivo, e nella deriva che si palesa è
facile annotare i principali colpevoli della disfatta, sono due,
letali: prevedibilità e banalità. Prevedibile è
la struttura così impostata dove ad una prima presentazione dei
ruoli corrisponde il susseguente rovesciamento (e gli indizi per
nulla velati ci erano stati dati: la collezione di scarafaggi),
banale è l’esibizione di un male gratuito, soprattutto nella
seconda parte quando i gemelli prendono le redini del diabolico
gioco, che non ha altro che non sia uno show facsimile a mille
altri, così nell’avvicinarsi ad un Funny Games (1997)
tra consanguinei ma totalmente privo di irriverenza verso il pubblico
e verso quel cinema al quale invece Goodnight Mommy si accoda, giungiamo ad un finale che è la summa delle due istanze
sopraccitate dove è possibile rilevare una delle patologie
croniche che affligge la scrittura cinematografica: il colpo di
scena. È meglio non aggiungere altro, se sale il rimpianto per
il cinema di Seidl allora qui siamo proprio messi malino.
il soggetto è spudoratamente scopiazzato dal coreano Two Sisters e, dato che l'interesse per il film si riduce al soggetto (non avendo altri particolari pregi), si può affermare essere un'opera superflua
RispondiEliminaIn effetti ora che me l'hai ricordato potrei anche concordare...
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