lunedì 25 maggio 2009

Canicola

Curioso, davvero curioso questo film austriaco che vinse il Leone d’argento nel 2001.
La sua struttura non presenta grandi guizzi di genialità da tramandare ai posteri, eppure un’ossatura così derivativa presenta una vera cifra personale, certamente non da spellarsi le mani, ma coerente ed omogenea dal primo all’ultimo minuto.
Ulrich Seidl mette in scena un dramma corale con venature da commedia nera ispirandosi a modelli alti, anzi altissimi, come Altman o il suo connazionale Haneke. Il risultato finale non raggiunge tali picchi cinematografici perché manca un po’ di mordente nella critica al tanto odiato ceto medio, ma come detto Seidl dà un’impronta precisa al film: smunto, disincantato, quasi rassegnato. Il tutto attorcigliato dal filo del grottesco, qui opulente seppur disadorno, come la regia che si prodiga in riprese ferme, immobili, ma al contempo stranianti, e, per essere banali, semplicemente strane. La critica ha accusato Seidl di un compiacimento inopportuno nelle scene di sesso esplicito. Premettendo che non so se sia lecito parlare di “compiacimento da serie A” e compiacimento da serie B”, ho trovato le nudità presenti nel film lontanissime da una qualunque velleità pruriginosa.
I corpi che vediamo sono in disfacimento, obesi, vecchi, anti-estetici ed anti-erotici. È in qualche modo diverso osservare il fisico di una modella ventenne che inscena uno spogliarello, piuttosto che un’attempata settantenne che si toglie i mutandoni ascellari di fronte ad un soddisfatto vecchietto (ma va?). Forse è anch’esso compiacimento, ma non si avverte nell’intento del regista uno stratagemma per stupire o scioccare lo spettatore. Tutt’altro, le dinamiche che coinvolgono i vari personaggi trasmettono una specie di tenerezza per questi disgraziati che non hanno una doppia faccia: sono brutti sia fuori che dentro.
Certo che la mole di “materiale umano” presente nel film è davvero notevole, e pur durando due belle orette molte sfaccettature non vengono riprese a dovere, o non vengono riprese affatto. Molto azzeccati sono i personaggi del tamarro rissoso e della logorroica autostoppista: il primo verso la fine è protagonista di un dialogo surreale, ma così maledettamente vero, con la sua fidanzata, che vi colpirà per la grande prova attoriale di entrambi; la seconda, interpretata da Maria Hofstatter, è un po’ la mina vagante del film, viaggia chiedendo passaggi agli automobilisti, e con le sue domande impertinenti da grillo parlante “sveste” la morale dei buoni cittadini. Nel suo caso è ottimo il lavoro della doppiatrice italiana.
A controbilanciare vi sono aspetti non proprio limpidi che credo siano volutamente lasciati inspiegati per dare un tocco più naif al film.

Non lo consiglierei spassionatamente, ma nemmeno vieterei la visione. Terrò d’occhio Ulrich Seidl, ha le carte in regola per entrare nelle mie grazie.

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