Di primo acchito Alexfilm
(2015) potrebbe apparire come un non-film vista la sua natura portata
ad annientare i canoni del cinema così come lo conosciamo. Ma
il cinema che abbiamo visto per buona parte della nostra esistenza,
almeno fino all’avvento purificante di Internet, non era vero
cinema, ed anche se il sottoscritto non possiede la Verità nel
taschino abbiate l’accortezza di rispettarne l’opinione: fino a
poco tempo fa non avevamo visto ancora niente. Da questa “nuova”
angolazione Alexfilm del messicano Pablo Chavarría
Gutiérrez è eccome un film, e lo è più di
quanto la nostra limitata mente possa comprendere, il nodo cruciale
al quale aggrapparsi con tutta la nostra forza spettatoriale è
che un’opera così forgiata nel reale, così aderente
ai tempi della vita vera da farne detonare i confini (ma mai del
tutto), possiede comunque una lettura propria, una profondità
che si dà a noi senza particolari artifici né
intensificazioni; Chavarría Gutiérrez nonostante la
giovane età (trent’anni tondi e già un paio di titoli
da visionare ad ogni costo) carpisce con maestria le potenzialità
smisurate della realtà e mettendoci un pizzico di suo riesce a
ricreare una situazione con una sua logica: indubitabilmente non c’è
soltanto la bizzarra e noiosa quotidianità di un tizio
corpulento sullo schermo. Bisogna essere pazienti, ma ecco un
segnale: l’uomo appeso ad una finestra che sembra formare delle
sbarre, poi una rapida sequenza di codici a barre, poi un ragno sulla
sua tela, infine nuovamente la finestra. Il suggerire (ci sono anche
delle ripetizioni quasi autistiche prima), l’instillare luci nel
buio, attivarci, destarci da lunghi letarghi celebrali. Questo è
quello che deve fare il cinema, e questo è quello che fa
Chavarría Gutiérrez.
Ma verso la mezz’ora
succede che si va al di là. Delle immagini sfocate accompagnate
dalle riflessioni del protagonista confermano quanto supposto, ossia
che la casa altro non è che un limbo, una dimensione di mezzo
che potrebbe essere grembo come potrebbe essere loculo, non importa,
l’importante è renderci consapevoli che i primi trenta
minuti sono stati soltanto la prefazione ad una seconda parte che, lo
dico senza alcuna remora, è Cinema Totale. Con un procedimento
che ricorda parecchio i lavori di Lisandro Alonso (soprattutto il
dittico Los muertos [2004] e Fantasma [2006]), il
regista porta il suo film ad un grado assoluto di naturalità,
davanti a noi non c’è più luce ma solo vento e il
rumore delle frasche, e in una tale regressione l’uomo, che diventa
così l’Uomo, racchiude nell’errare per il bosco buio tutto
un immaginario che sprigiona un’intensità devastante e che
contiene all’interno tutte le storie possibili già
raccontate o ancora da raccontare. E nell’area archetipica che
viene a crearsi si realizza un’evocazione ectoplasmica che
piacerebbe molto a Weerasethakul (dove perfino i sottotitoli
diventano parte vivente del corpo filmico), poiché in un
cinema che si fa spazio illimitato ogni misura è possibile,
ogni suggestione è lecita, ogni esegesi è ammessa. Ed è
da presupposti del genere che io fruitore qualunque voglio partire
per approdare in territori di libertà e sentire davvero
ciò che le componenti basiche della settima arte sono capaci
di esprimere: bambino-biglie-solo; buio-buio-vento; l’altro-gli
occhi-paura; silenzio-gli occhi-gli occhi. Baluginii lontani. E un
sibilo...
Esperibile qui: https://www.youtube.com/watch?v=WP9kK2Jqs0Q
RispondiEliminaDici bene, "il suggerire, l’instillare luci nel buio, attivarci, destarci da lunghi letarghi cerebrali. Questo è quello che deve fare il cinema, e questo è quello che fa Chavarría Gutierrez". Il suo film successivo, Las letras (http://emergeredelpossibile.blogspot.it/2015/12/the-letters-las-letras.html), a me è peraltro arrivato a sconvolgere e commuovere forse ancora più di questo, nonostante io fossi comunque a digiuno di opere in un certo senso trascendentali. Se non l'hai visto, te lo consiglio caldamente. Avercene di film così...
RispondiEliminaC'era solo una persona che poteva aver già visto questo film: tu.
RispondiEliminaSpero di riuscire a recuperare anche quello che citi.
Più che vedere voglio sentire, e credo che questo regista abbia la capacità di farmi provare ciò.
Ti mando una mail :)
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