Credo che poche persone siano a conoscenza del fatto che nel 1973 tale Robert Oliver, aka (forse) Oscar Brazzi, autore di alcuni film erotici tra il '60 ed il '70, decise di girare questo Terror! Il castello delle donne maledette prendendo spunto da Frankestein (1818), l’immortale romanzo di Mary Shelley.
Infatti il conte protagonista del film, interpretato da Rossano Brazzi, fratello del regista e attore di un certo calibro, ha come cognome la creatura creata dalla penna della scrittrice inglese. Tale conte è dedito ad esperimenti poco ortodossi come riportare in vita i morti.
E fin qua potrebbe essere tutto nella norma.Purtroppo Oliver infila nella trama gotica, con ambientazioni neanche troppo malvagie (a parte il laboratorio forse…), un gigante troglodita e un uomo di Neanderthal impersonato dall’attore più neanderthaliano che sia mai esistito: Salvatore Baccaro, che si presenta come Boris Lugosi. Spettacolo.
In più nel castello del conte si aggirano individui sinistri come un nano con evidenti problemi di deambulazione, e un gobbo bruttissimo che però s’intende con la procace cameriera. E proprio il nano sarà accusato dal conte Frankestein di tradimento con la polizia in seguito al trafugamento di un corpo nel cimitero per uno dei suoi esperimenti. Così il nano incazzato trova rifugio nella caverna dell’uomo primitivo e con esso pianifica la vendetta. Quindi potete immaginarvi cosa possono combinare un nano e Baccaro versione Fred Flistones, roba che Beatrix Kiddo gli fa una pippa.
Personalmente ho trovato un indice di “trashosità” molto più elevato in Nuda per Satana (1974) o Riti, magie nere e segrete orge nel trecento (1973). Qui, seppur nella goffaggine in cui il film annaspa, ho ravvisato un minimo di sottotesto: striminzito, risibile, misero, ma l’ho trovato. Nei due film precedenti no.
Un sottotesto che viene travolto dalla storia aberrante di cui fa parte, ma che è presente ed è riassunto dalla frase finale di browninghiana memoria: “Era un anormale, ma forse tutti siamo un po’ anormali.” Che suona gratuita e immotivata, che fa ridere nel contesto in cui viene pronunciata, che sembra intrisa di una solennità fuori luogo. Però c’è, ed è sempre meglio che niente.
Ma è solo un fuoco di paglia. Poi vedendo fulmini disegnati, tette e culi, i piedi di Baccaro, il cranio pelato del gigante, Rossano Brazzi che cerca di essere nella parte, donne maledette latitanti e il nano guardone, non posso che arrendermi di fronte a cotanto trashume.
Però c’è di peggio nel peggio.
Infatti il conte protagonista del film, interpretato da Rossano Brazzi, fratello del regista e attore di un certo calibro, ha come cognome la creatura creata dalla penna della scrittrice inglese. Tale conte è dedito ad esperimenti poco ortodossi come riportare in vita i morti.
E fin qua potrebbe essere tutto nella norma.Purtroppo Oliver infila nella trama gotica, con ambientazioni neanche troppo malvagie (a parte il laboratorio forse…), un gigante troglodita e un uomo di Neanderthal impersonato dall’attore più neanderthaliano che sia mai esistito: Salvatore Baccaro, che si presenta come Boris Lugosi. Spettacolo.
In più nel castello del conte si aggirano individui sinistri come un nano con evidenti problemi di deambulazione, e un gobbo bruttissimo che però s’intende con la procace cameriera. E proprio il nano sarà accusato dal conte Frankestein di tradimento con la polizia in seguito al trafugamento di un corpo nel cimitero per uno dei suoi esperimenti. Così il nano incazzato trova rifugio nella caverna dell’uomo primitivo e con esso pianifica la vendetta. Quindi potete immaginarvi cosa possono combinare un nano e Baccaro versione Fred Flistones, roba che Beatrix Kiddo gli fa una pippa.
Personalmente ho trovato un indice di “trashosità” molto più elevato in Nuda per Satana (1974) o Riti, magie nere e segrete orge nel trecento (1973). Qui, seppur nella goffaggine in cui il film annaspa, ho ravvisato un minimo di sottotesto: striminzito, risibile, misero, ma l’ho trovato. Nei due film precedenti no.
Un sottotesto che viene travolto dalla storia aberrante di cui fa parte, ma che è presente ed è riassunto dalla frase finale di browninghiana memoria: “Era un anormale, ma forse tutti siamo un po’ anormali.” Che suona gratuita e immotivata, che fa ridere nel contesto in cui viene pronunciata, che sembra intrisa di una solennità fuori luogo. Però c’è, ed è sempre meglio che niente.
Ma è solo un fuoco di paglia. Poi vedendo fulmini disegnati, tette e culi, i piedi di Baccaro, il cranio pelato del gigante, Rossano Brazzi che cerca di essere nella parte, donne maledette latitanti e il nano guardone, non posso che arrendermi di fronte a cotanto trashume.
Però c’è di peggio nel peggio.
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