mercoledì 22 ottobre 2008

La tarantola dal ventre nero

Thriller all’italiana che ricalca fin dal titolo la trilogia argentiana degli animali senza ottenere gli stessi risultati (e te credo), sia dal punto di vista qualitativo, mi è parsa molto più fiacca questa pellicola di Paolo Cavara, che da quello della tensione, qua praticamente assente.
E anche se il cast è composto da nomi “pesanti” - Giancarlo Giannini non proprio memorabile, Stefania Sandrelli, mai piaciuta come attrice al sottoscritto e Barbara Bouchet, da sturbo per ogni cinefilo onanista i suoi primi e unici dieci minuti – non riesce a far decollare il film che ristagna nella prevedibilità.

Alcune donne vengono uccise da un assassino che prima le immobilizza con uno spillone per l'agopuntura, e poi le sventra con un coltello proprio come le vespe fanno con le tarantole. Il filo conduttore che le lega tutte è il centro di bellezza che frequentano.
Il commissario Tellini (Giancarlo Giannini) indaga su questi omicidi, fino ad esserne coinvolto in prima persona e insieme a lui sua moglie Anna (Stefania Sandrelli).

C’è un goccio di sangue in più rispetto ad altri gialli italiani, ok ne prendo atto. Ma il resto?
Il resto galleggia nella mediocrità. Non che sia inguardabile ma manca della classe estetica di Fulci, dell’inquietudine di Bava e dell’angoscia di Argento.
Ho apprezzato alcune soluzioni tecniche del regista come quando inquadra le mani dell’assassino appoggiate sul telefono e subito dopo con un allargamento del campo visivo ci si accorge che le mani guantate sono quelle del poliziotto che cerca impronte digitali. Oltre a questo però non vi è originalità, compresa la sceneggiatura che ha dei tempi morti un po’ irritanti in cui avrebbe fatto comodo una colonna sonora più marcata e invece quella presente scivola via che neanche si sente.
E poi l’assassino.
Io solitamente non li becco mai, neanche quelli sulla settimana enigmistica. Ma qui appena l’ho visto ho detto: “è lui!”. E infatti c’ho preso, ma più che altro per il suo modus operandi che è troppo affine al lavoro che svolge, come se un falegname uccidesse a bastonate…
Nel finale si accenna ad una patologia psichica del killer ma Giannini è troppo scazzato per stare a sentire il dottore, in quanto il pazzoide ha inforcato sua moglie (con lo spillone eh!… l’agopuntura, non pensate male), e scende in strada mentre scorrono i titoli di coda.

Se lo beccate in quei cestoni tutto 5 euro prendetelo, se no lasciatelo lì.

2 commenti:

  1. "ma manca della classe estetica di Fulci, dell’inquietudine di Bava e dell’angoscia di Argento."

    eh, d'accordo, hai detto niente ^^

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  2. Diciamo che mi sarebbe bastato solo un pizzico di uno di questi tre elementi =)

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