Ecco il cross-over più importante di tutti i zeta movie.
Alla regia Luigi Batzella (La bestia in calore, 1977) e alla sceneggiatura Renato Polselli. Potrei fermarmi qua, il curriculum di questi due maestri del trash parla da solo, invece voglio andare a fondo, scavare nei meandri di Nuda per Satana analizzando le tematiche affrontate dal film aiutandomi con riferimenti letterari. Ovviamente non farò niente di tutto questo, è che non sapevo come riempire le righe dell’incipit.
Un medico (Stelio Candelli) si smarrisce in una notte di tempesta. Lungo una strada deserta ritrova una giovane ragazza (Rita Calderoni già “aprezzata” in Delirio caldo, 1972) svenuta in seguito ad un incidente. Candelli chiede aiuto in una specie di castello al cui interno trova la sosia della ragazza. A sua volta quest’ultima, recatasi anch’essa nel castello, incontra il sosia del medico.
Alla fine, quando tutto sembra concludersi in una ridicola ed insensata orgia, si scopre che è stato tutto un sogno di Candelli in macchina. Tristezza infinita.
A dir la verità fino ad un certo momento non sembra neanche uno z-movie. Si è assaliti dalla noia nel vedere questi personaggi che si muovono nel castello insieme ad un maggiordomo bruttissimo ed il padrone che sembra Mandrake. Poi all’improvviso la Calderoni rimane intrappolata in una ragnatela e spunta un ragno che… cioè non ho le parole per spiegare… è un pupazzo, ma giuro sembra uno dei quei ragnetti che batti le mani e scendono lungo il filo che percorrono, e quando Candelli gli spara salta in aria la cartapesta, incredibile! In più la Calderoni si dimena urlando come una matta neanche avesse Jack lo squartatore davanti! Se volete vedere la scena cliccate qui.
Il tema del doppio malefico non è ben reso, anzi è un macello di insensatezze a cui è impossibile stare dietro, nei crediti non si fa il nome di Polselli (io mi fido di Trashopolis), ma i dialoghi sono talmente sciatti e poveri che se li avesse scritti qualcun altro sarei curioso di sapere chi sia per fargli i complimenti. Inoltre la massiccia presenza di culi e tette unite a lesbicate varie mi ha subito riportato alla mente l’atmosfera psichedelica di Riti, magie nere e segrete orge nel trecento (1973).
Ma oltre alla ridicolaggine di certe situazione non resta che una gran noia.
Alla regia Luigi Batzella (La bestia in calore, 1977) e alla sceneggiatura Renato Polselli. Potrei fermarmi qua, il curriculum di questi due maestri del trash parla da solo, invece voglio andare a fondo, scavare nei meandri di Nuda per Satana analizzando le tematiche affrontate dal film aiutandomi con riferimenti letterari. Ovviamente non farò niente di tutto questo, è che non sapevo come riempire le righe dell’incipit.
Un medico (Stelio Candelli) si smarrisce in una notte di tempesta. Lungo una strada deserta ritrova una giovane ragazza (Rita Calderoni già “aprezzata” in Delirio caldo, 1972) svenuta in seguito ad un incidente. Candelli chiede aiuto in una specie di castello al cui interno trova la sosia della ragazza. A sua volta quest’ultima, recatasi anch’essa nel castello, incontra il sosia del medico.
Alla fine, quando tutto sembra concludersi in una ridicola ed insensata orgia, si scopre che è stato tutto un sogno di Candelli in macchina. Tristezza infinita.
A dir la verità fino ad un certo momento non sembra neanche uno z-movie. Si è assaliti dalla noia nel vedere questi personaggi che si muovono nel castello insieme ad un maggiordomo bruttissimo ed il padrone che sembra Mandrake. Poi all’improvviso la Calderoni rimane intrappolata in una ragnatela e spunta un ragno che… cioè non ho le parole per spiegare… è un pupazzo, ma giuro sembra uno dei quei ragnetti che batti le mani e scendono lungo il filo che percorrono, e quando Candelli gli spara salta in aria la cartapesta, incredibile! In più la Calderoni si dimena urlando come una matta neanche avesse Jack lo squartatore davanti! Se volete vedere la scena cliccate qui.
Il tema del doppio malefico non è ben reso, anzi è un macello di insensatezze a cui è impossibile stare dietro, nei crediti non si fa il nome di Polselli (io mi fido di Trashopolis), ma i dialoghi sono talmente sciatti e poveri che se li avesse scritti qualcun altro sarei curioso di sapere chi sia per fargli i complimenti. Inoltre la massiccia presenza di culi e tette unite a lesbicate varie mi ha subito riportato alla mente l’atmosfera psichedelica di Riti, magie nere e segrete orge nel trecento (1973).
Ma oltre alla ridicolaggine di certe situazione non resta che una gran noia.
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