Il commento
che segue deriva da una versione de I ricordi del fiume (2015)
rintracciata in Rete (l’unica, ad oggi) che consta di nemmeno
sessanta minuti. Strano. Nei siti ufficiali la durata è indicata
oltre l’ora e mezza se non addirittura due ore e venti. Non è
strano: si tratta di un rippaggio da Rai Storia che per la messa in
onda del film ne ha evidentemente decurtato delle parti, inoltre il
passaggio catodico ha spinto qualche genio del male a doppiare in
italiano gli abitanti del Platz, risultato? Pessimo. Se poi
aggiungiamo che la qualità video lascia a desiderare e che l’audio
risulta un po’ fuori sincrono, fossi nei fratelli De Serio non
darei troppa importanza ad uno che praticamente ha visto un’opera
che diverge sotto vari aspetti dall’originale, però che volete
farci, Internet dà voce a tutti...
È pensabile
che I ricordi del fiume sia il risultato di un percorso
tematico iniziato molti anni fa, basta farsi un giro sul sito
ufficiale dei De Serio (link) e leggere le sinossi dei loro
cortometraggi precedenti (tipo Il giorno del santo [2002] o
Zakaria [2005]) per capire come il mondo degli altri che
vivono nel nostro mondo (e a quanto mi risulta dovrebbe trattarsi
dello stesso mondo, ma non ditelo a Salvini) è un argomento tenuto
in particolare considerazione, d’altronde se ricordiamo Sette opere di misericordia (2011) al
centro della scena c’erano due pianeti diversieuguali in vicina
rotazione impegnati a sopravvivere, in qualche modo. Per il
documentario presentato a Venezia ’15 il discorso continua a
mantenere una notevole coerenza, epurati i risvolti di finzione, il
terreno di incontro con chi assiste è la ricerca di una dimensione
reale agognata da una nutrita truppa di registi nostrani, e al suo
interno Gianluca e Massimiliano censiscono tante piccole singolarità
di una comune inevitabilmente marginale, non troppo lontana dalla
città ma lontana abbastanza dagli occhi di chi la abita, regola
valida per tutte le cloache sparpagliate per l’Europa. La penetrazione
nella baraccopoli imposta il canale di trasmissione sulla verità,
sono vere le persone, sono veri i luoghi in cui vivono e sono vere le
storie che raccontano, in totale sobrietà ascoltiamo un triste canto
di reietti di cui captiamo, sotto, l’immaginabile, e quindi povertà
(la cucina di una casa nuova è la console di un’astronave),
paure (perfino le ninnananne sono disperate) e timidi sogni (il
bambino che da grande vorrà fare il poliziotto incassa i complimenti
del ladro ravveduto).
Il
cuore della vicenda, ossia lo sgombero del campo nomadi, si insinua
ogni tanto tra un frammento umano e l’altro, istantanee fugaci (un
tizio in barca chiede lumi a qualcuno sulla sponda) e discussioni
animate di cui non capiamo granché pur capendo tutto introducono
l’effettiva demolizione delle case, l’arrivo della polizia, dei
caterpillar, è qui in sostanza che i due mondi di cui sopra si
congiungono, anzi no, è qui che collidono drammaticamente. Un punto
a favore dei registi è di mantenere una posizione piuttosto
neutrale, su una questione come quella degli immigrati dove vomitare
sentenze è ormai lo sport nazionale, lo sguardo dei De Serio lascia
una discreta libertà cognitiva allo spettatore, gli interrogativi
fiorenti su cosa sia “giusto” e cosa non lo sia indicano uno
spessore oserei dire etico da non snobbare, la politica nel e del
cinema non ha nulla a che vedere con le prassi logorroiche della
retorica, è un fatto di Immagini, Silenzi, Sussurri, Penombre, Volti
barbuti, Preghiere, di un bambino che nel tempo del film (un’ora?
Due? Tre... anni?) gironzola nello stesso posto ma drasticamente
cambiato tra l’inizio e la fine. Se interessati, per ulteriori delucidazioni
rivolgersi a Sylvain
George.
ho avuto la fortuna di vederlo in un cinema, alla presenza di uno dei registi :)
RispondiEliminahttps://markx7.blogspot.it/2016/05/i-ricordi-del-fiume-gianluca-e.html
su youtube ci sono anche 4 corti dei fratelli De Serio