lunedì 19 marzo 2018

I ricordi del fiume

Il commento che segue deriva da una versione de I ricordi del fiume (2015) rintracciata in Rete (l’unica, ad oggi) che consta di nemmeno sessanta minuti. Strano. Nei siti ufficiali la durata è indicata oltre l’ora e mezza se non addirittura due ore e venti. Non è strano: si tratta di un rippaggio da Rai Storia che per la messa in onda del film ne ha evidentemente decurtato delle parti, inoltre il passaggio catodico ha spinto qualche genio del male a doppiare in italiano gli abitanti del Platz, risultato? Pessimo. Se poi aggiungiamo che la qualità video lascia a desiderare e che l’audio risulta un po’ fuori sincrono, fossi nei fratelli De Serio non darei troppa importanza ad uno che praticamente ha visto un’opera che diverge sotto vari aspetti dall’originale, però che volete farci, Internet dà voce a tutti...

È pensabile che I ricordi del fiume sia il risultato di un percorso tematico iniziato molti anni fa, basta farsi un giro sul sito ufficiale dei De Serio (link) e leggere le sinossi dei loro cortometraggi precedenti (tipo Il giorno del santo [2002] o Zakaria [2005]) per capire come il mondo degli altri che vivono nel nostro mondo (e a quanto mi risulta dovrebbe trattarsi dello stesso mondo, ma non ditelo a Salvini) è un argomento tenuto in particolare considerazione, d’altronde se ricordiamo Sette opere di misericordia (2011) al centro della scena c’erano due pianeti diversieuguali in vicina rotazione impegnati a sopravvivere, in qualche modo. Per il documentario presentato a Venezia ’15 il discorso continua a mantenere una notevole coerenza, epurati i risvolti di finzione, il terreno di incontro con chi assiste è la ricerca di una dimensione reale agognata da una nutrita truppa di registi nostrani, e al suo interno Gianluca e Massimiliano censiscono tante piccole singolarità di una comune inevitabilmente marginale, non troppo lontana dalla città ma lontana abbastanza dagli occhi di chi la abita, regola valida per tutte le cloache sparpagliate per lEuropa. La penetrazione nella baraccopoli imposta il canale di trasmissione sulla verità, sono vere le persone, sono veri i luoghi in cui vivono e sono vere le storie che raccontano, in totale sobrietà ascoltiamo un triste canto di reietti di cui captiamo, sotto, l’immaginabile, e quindi povertà (la cucina di una casa nuova è la console di un’astronave), paure (perfino le ninnananne sono disperate) e timidi sogni (il bambino che da grande vorrà fare il poliziotto incassa i complimenti del ladro ravveduto).

Il cuore della vicenda, ossia lo sgombero del campo nomadi, si insinua ogni tanto tra un frammento umano e l’altro, istantanee fugaci (un tizio in barca chiede lumi a qualcuno sulla sponda) e discussioni animate di cui non capiamo granché pur capendo tutto introducono l’effettiva demolizione delle case, l’arrivo della polizia, dei caterpillar, è qui in sostanza che i due mondi di cui sopra si congiungono, anzi no, è qui che collidono drammaticamente. Un punto a favore dei registi è di mantenere una posizione piuttosto neutrale, su una questione come quella degli immigrati dove vomitare sentenze è ormai lo sport nazionale, lo sguardo dei De Serio lascia una discreta libertà cognitiva allo spettatore, gli interrogativi fiorenti su cosa sia “giusto” e cosa non lo sia indicano uno spessore oserei dire etico da non snobbare, la politica nel e del cinema non ha nulla a che vedere con le prassi logorroiche della retorica, è un fatto di Immagini, Silenzi, Sussurri, Penombre, Volti barbuti, Preghiere, di un bambino che nel tempo del film (un’ora? Due? Tre... anni?) gironzola nello stesso posto ma drasticamente cambiato tra l’inizio e la fine. Se interessati, per ulteriori delucidazioni rivolgersi a Sylvain George.

1 commento:

  1. ho avuto la fortuna di vederlo in un cinema, alla presenza di uno dei registi :)

    https://markx7.blogspot.it/2016/05/i-ricordi-del-fiume-gianluca-e.html

    su youtube ci sono anche 4 corti dei fratelli De Serio

    RispondiElimina