Non ci sono titoli di
testa per La noche (2016), non ci sono nomi, interpreti,
registi, case di produzione, c’è solo una cosa: il film che
inizia nel niente di una casa a Buenos Aires, un uomo vaga al suo
interno, lo stesso uomo vagherà anche fuori in una notte che è più
una stagione esistenziale che l’antitesi del giorno, il buio e
l’umida penombra sono infatti il clima generale in cui versa la
pellicola e non è difficile pensare che tale oscurità si trovi
anche nell’anima di tutta un’umanità devastata dalla cocaina e
dal sesso, ma non è un’opera in cui si possono leggere chissà
quali metafore, il pregevole lavoro di Edgardo Castro (qui alienato
protagonista e al debutto dietro la mdp) è una finestra su un reale
che diventa quasi iper, è l’esacerbazione di un dato cinema
contemporaneo (ad esempio quello di Cristi Puiu) che tenta l’impresa
impossibile di valicare i limiti della rappresentazione per
indirizzarsi nel nucleo gelido e nauseante di una verità che riesce
a darsi in modo autentico, che trasuda un mondo a cui si crede che
sia così poiché così viene colto e somministrato. La visione non è
propriamente agevole in quanto Castro vuole destabilizzare proprio
l’atto del “vedere”, difficile che ciò si trasformi in
“vivere” per lo spettatore, ma rimane la concretezza di
un’esemplare cinematografico con un’altissima coerenza formale ed
espositiva che, lasciatemi esagerare, nel suo continuo reiterarsi,
girare in tondo ed inabissarsi diventa un mantra nero con una
personale trascendenza.
E sì perché un plot
classico con un inizio, uno sviluppo e una conclusione non esiste, il
film è palindromo e lo si potrebbe guardare cominciando dalla fine o
da metà che poco cambierebbe, ovviamente chi non porta pazienza
verso metodi smaccatamente autoriali è bene che ritorni all’Acr,
gli altri avranno la possibilità di accedere a traiettorie dirette
come un razzo in un nichilismo che Noé gradirebbe assai e che
comprende il continuo traviamento di qualunque etica, ciò intontisce
e genera una latente assuefazione: sarebbe potuto andare avanti
ancora per ore La noche nel presentare innumerevoli studi
pruriginosi sempre più torbidi e malsani, e avrebbe potuto, inoltre,
essere ancora più esplicito (vediamo molti rapporti orali ma
praticamente nessun rapporto sessuale completo) senza risultare
compiaciuto perché la via di trasmissione, come detto nel paragrafo
sopra, riduce al minimo le pecche della finzione e allora se finisce
per risultare naturale anche un campionario di fellatio e pippate i
complimenti vanno fatti sul serio. Non è semplice vedere La noche
e non lo è nemmeno scriverne, vorrei dire, ad esempio, che alla fine
in questo profondo mare di disaffezione dove anche l’intimità è
comprata (“vuoi dormire con me? Ti pago…”) si profila
addirittura il tremolante ologramma di un sentimento che non si sa
bene cosa sia (amicizia, amore?) e che Castro lascia astutamente
al di là del vetro utilizzando per la prima volta un piano frontale,
ma temo di non essere particolarmente convincente, d’altronde non
lo si può essere visto che una recensione, anche la più bella e
perfetta (ammesso che possa esistere), non è altro che la sterile propaggine del film stesso, per
cui La noche va Visto, e di tutto il resto non vi è
importanza alcuna.
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