Ripercorrere la filmografia di Werner Herzog è come tracciare con un dito strade invisibili sulla cartina del mondo.
Parte dalla Grecia dove gira Segni di vita (1968), il suo primo film, attraversa l’Africa per poi dirigersi in Perù dove filma quello che probabilmente è uno dei suoi film più famosi: Aguirre (1972). Nel 1976, durante il montaggio di Cuore di vetro, si precipita nell’isola di Guadalupa dove un vulcano sta per eruttare, da questo viaggio nascerà il documentario La Soufrière. Verso la fine degli anni ’70 ritorna in Sud America per dare vita al suo lungometraggio più epico: Fitzcarraldo (1982).
Gli anni ’80 rappresentano un periodo opaco per il regista bavarese, girerà soltanto due film: Cobra Verde (1987) e, appunto, Dove sognano le formiche verdi (1984).
Il dito, questa volta, si ferma in Australia.
In un luogo imprecisato dell’ Australia settentrionale una società mineraria vuole trivellare il sottosuolo in cerca di uranio. Un gruppo di aborigeni nativi del posto si oppongono fortemente (ma in maniera pacifica) in quanto rivendicano la sacralità del posto (uno di loro dirà al geologo Hackett che è come se per un cristiano buttassero giù una chiesa) e l’appartenenza profonda alla propria terra, che fa da culla a misteriosi formiche il cui sonno sarebbe sacro e d’importanza globale.
La multinazionale tenta di raggiungere un compromesso con i capi tribù che inizialmente accettano un aeroplano come incentivo per la trattativa. Ma la diatriba non si sblocca e finisce in tribunale dove la corte dà ragione alla società mineraria. I lavori riprendono mentre l’aereo con a bordo alcuni aborigeni va a schiantarsi sulle montagne. L’ala spezzata verrà vista come quella di una formica gigante, e Hackett smetterà i panni di geologo per inseguire il sogno delle formiche nel deserto.
Non il miglior Herzog, decisamente.
Che la natura sia da sempre nell’interesse del regista è un fatto assodato. Nei suoi film precedenti essa ha più un ruolo di contorno, un delizioso contorno, certo, ma l’attenzione è focalizzata su qualcos’altro e i richiami al paesaggio, alla giungla, agli alberi, sono un valore aggiunto che in certe opere riesce addirittura ad assumere lo status di protagonista pur rimanendo ai margini.
Qui, invece, l’ecosistema di un luogo è posto al centro dell’attenzione, ma pur avendo una certa “carica”, la natura risulta quasi anonima perché inghiottita dalle tiritere ambientaliste. Giustissime, per carità, ma Herzog non riesce a dare forza alle sue teorie perché il messaggio ecologico ha il sapore dell'ovvietà. Forse nel 1984 no, ma oggi sì.
La contrapposizione tra l’inevitabile progresso e la forte tradizione viene messa in scena con i cattivi da una parte (gli occidentali) e i buoni dall’altra (gli aborigeni), in un gioco delle parti troppo, ma troppo semplice, in cui la morale si fa lampante praticamente fin da subito riducendo Dove sognano le formiche verdi, a ciò che Tullio Kezich definisce un film di Walt Disney.
Ma c’è anche del buono.
Sono belli i campi lunghissimi con i termitai bianchi che si ergono dal terreno come torri nel deserto, ed è commovente la pazienza che gli aborigeni mettono di fronte alla mdp uscendone con grande dignità.
Non imprescindibile comunque.
Il dvd distribuito dalla Ripley's Home Video contiene anche il documentario Rintocchi dal profondo (1993).
Parte dalla Grecia dove gira Segni di vita (1968), il suo primo film, attraversa l’Africa per poi dirigersi in Perù dove filma quello che probabilmente è uno dei suoi film più famosi: Aguirre (1972). Nel 1976, durante il montaggio di Cuore di vetro, si precipita nell’isola di Guadalupa dove un vulcano sta per eruttare, da questo viaggio nascerà il documentario La Soufrière. Verso la fine degli anni ’70 ritorna in Sud America per dare vita al suo lungometraggio più epico: Fitzcarraldo (1982).
Gli anni ’80 rappresentano un periodo opaco per il regista bavarese, girerà soltanto due film: Cobra Verde (1987) e, appunto, Dove sognano le formiche verdi (1984).
Il dito, questa volta, si ferma in Australia.
In un luogo imprecisato dell’ Australia settentrionale una società mineraria vuole trivellare il sottosuolo in cerca di uranio. Un gruppo di aborigeni nativi del posto si oppongono fortemente (ma in maniera pacifica) in quanto rivendicano la sacralità del posto (uno di loro dirà al geologo Hackett che è come se per un cristiano buttassero giù una chiesa) e l’appartenenza profonda alla propria terra, che fa da culla a misteriosi formiche il cui sonno sarebbe sacro e d’importanza globale.
La multinazionale tenta di raggiungere un compromesso con i capi tribù che inizialmente accettano un aeroplano come incentivo per la trattativa. Ma la diatriba non si sblocca e finisce in tribunale dove la corte dà ragione alla società mineraria. I lavori riprendono mentre l’aereo con a bordo alcuni aborigeni va a schiantarsi sulle montagne. L’ala spezzata verrà vista come quella di una formica gigante, e Hackett smetterà i panni di geologo per inseguire il sogno delle formiche nel deserto.
Non il miglior Herzog, decisamente.
Che la natura sia da sempre nell’interesse del regista è un fatto assodato. Nei suoi film precedenti essa ha più un ruolo di contorno, un delizioso contorno, certo, ma l’attenzione è focalizzata su qualcos’altro e i richiami al paesaggio, alla giungla, agli alberi, sono un valore aggiunto che in certe opere riesce addirittura ad assumere lo status di protagonista pur rimanendo ai margini.
Qui, invece, l’ecosistema di un luogo è posto al centro dell’attenzione, ma pur avendo una certa “carica”, la natura risulta quasi anonima perché inghiottita dalle tiritere ambientaliste. Giustissime, per carità, ma Herzog non riesce a dare forza alle sue teorie perché il messaggio ecologico ha il sapore dell'ovvietà. Forse nel 1984 no, ma oggi sì.
La contrapposizione tra l’inevitabile progresso e la forte tradizione viene messa in scena con i cattivi da una parte (gli occidentali) e i buoni dall’altra (gli aborigeni), in un gioco delle parti troppo, ma troppo semplice, in cui la morale si fa lampante praticamente fin da subito riducendo Dove sognano le formiche verdi, a ciò che Tullio Kezich definisce un film di Walt Disney.
Ma c’è anche del buono.
Sono belli i campi lunghissimi con i termitai bianchi che si ergono dal terreno come torri nel deserto, ed è commovente la pazienza che gli aborigeni mettono di fronte alla mdp uscendone con grande dignità.
Non imprescindibile comunque.
Il dvd distribuito dalla Ripley's Home Video contiene anche il documentario Rintocchi dal profondo (1993).
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