Quando l’aveva comprato si era sentita una stupida.
Non c’era solo un profumo dentro a quella piccola busta di cartone, ma un pezzo della sua vita, due anni e tre mesi per la precisione.
Arrivata in fondo a via Sallustio si fermò davanti ad un bidone della spazzatura. La tentazione di buttare il suo acquisto era forte, sapeva che non sarebbe servito a niente, se non a soffrire di più. Ma gli innamorati si sa, sono dei masochisti, soprattutto se il loro amore non è più corrisposto. Così proseguì dritta fino ad arrivare in Corso Federico II con il piccolo tesoro che le penzolava dalle dita. Pensò che forse sarebbe stato meglio che avesse preso l’autobus perché tutto rimandava a lui, la città era l’alfabeto della sua malinconia. Su quella panchina si erano dati il primo bacio, in quel bar avevano bevuto mille caffè accompagnati da altrettanti progetti, sotto quel portone l’aveva visto con quella biondina.
Giunse a casa che ormai era sera, trascinandosi dietro il macigno dei ricordi.
Ingurgitò il minimo necessario per continuare a vivere, poi si chiuse in camera e fissò la bottiglietta di profumo senza aprirla. L’avrebbe fatto solo prima di andare a dormire, piangere al buio fa un po’ meno male.
Accese il computer, controllò le mail che nessuno le scriveva se non per improbabili offerte al casinò, e infine decise di accedere su msn. Poco dopo un malefico dlin annunciò la connessione di lui. La freccetta del mouse cominciò a tremare, doppio click e si aprì una finestra di conversazione, poi la chiuse, poi la riaprì. Infine rimase immobile, rannicchiata sulla sedia, a fissare lo schermo. L’orologio in basso a destra segnava le 23.30 di Domenica 5 Aprile, sua madre entrò in quell’istante.
“Tesoro hai sentito?”
“Uh?”
“Hai sentito?”
“Cosa ma?”
“La terra…ha tremato.”
“No.” Rispose. “Credevo fosse il mio cuore.” Pensò.
A mezzanotte in punto lui divenne grigio, e dopo cinque minuti anche lei si disconnesse. Spense il computer e si affacciò alla finestra, sospirò a lungo nel vedere L’Aquila illuminata dalle piccole finestre di ogni casa come piccoli loculi di un cimitero. Tra quei palazzi c’era anche quello di lui, e sperò con tutte le sue forze che anche il suo amore fosse in quel momento affacciato al balcone.
Chiuse le persiane e facendosi luce con il cellulare prese finalmente in mano il profumo. Lo scartò delicatamente dalla confezione, poi svitò il tappo. Percepiva già quell’odore inconfondibile che si trasformò in un viaggio remoto nei sentieri dei ricordi quando portò la bottiglietta al naso.
Due anni e tre mesi in un secondo.
Ritornò alla realtà solo quando allontanò l'essenza. Prese il tappetto e lo scagliò con rabbia in fondo alla stanza, seduta sul letto iniziò a piangere. Avrebbe gettato via anche il profumo, ma non ne aveva il coraggio, era tutto ciò che le rimaneva di lui, così lo posò proprio sul bordo della mensola sopra il letto e cercò di dormire.
Passarono delle ore in cui si attorcigliò nelle coperte, poi in qualche modo prese sonno.
All’inizio fu un incubo. Sentiva urla dappertutto, grida disumane provenire da fuori e da dentro casa. Un boato tremendo e l’odore di polvere che si alza pian piano, immobilizzando il tempo. Poi divenne un sogno bellissimo, quel profumo meraviglioso iniziò come a scorrere su di lei, le entrò sotto la pelle fino a mischiarsi col sangue, non avrebbe voluto svegliarsi mai più.
Non c’era solo un profumo dentro a quella piccola busta di cartone, ma un pezzo della sua vita, due anni e tre mesi per la precisione.
Arrivata in fondo a via Sallustio si fermò davanti ad un bidone della spazzatura. La tentazione di buttare il suo acquisto era forte, sapeva che non sarebbe servito a niente, se non a soffrire di più. Ma gli innamorati si sa, sono dei masochisti, soprattutto se il loro amore non è più corrisposto. Così proseguì dritta fino ad arrivare in Corso Federico II con il piccolo tesoro che le penzolava dalle dita. Pensò che forse sarebbe stato meglio che avesse preso l’autobus perché tutto rimandava a lui, la città era l’alfabeto della sua malinconia. Su quella panchina si erano dati il primo bacio, in quel bar avevano bevuto mille caffè accompagnati da altrettanti progetti, sotto quel portone l’aveva visto con quella biondina.
Giunse a casa che ormai era sera, trascinandosi dietro il macigno dei ricordi.
Ingurgitò il minimo necessario per continuare a vivere, poi si chiuse in camera e fissò la bottiglietta di profumo senza aprirla. L’avrebbe fatto solo prima di andare a dormire, piangere al buio fa un po’ meno male.
Accese il computer, controllò le mail che nessuno le scriveva se non per improbabili offerte al casinò, e infine decise di accedere su msn. Poco dopo un malefico dlin annunciò la connessione di lui. La freccetta del mouse cominciò a tremare, doppio click e si aprì una finestra di conversazione, poi la chiuse, poi la riaprì. Infine rimase immobile, rannicchiata sulla sedia, a fissare lo schermo. L’orologio in basso a destra segnava le 23.30 di Domenica 5 Aprile, sua madre entrò in quell’istante.
“Tesoro hai sentito?”
“Uh?”
“Hai sentito?”
“Cosa ma?”
“La terra…ha tremato.”
“No.” Rispose. “Credevo fosse il mio cuore.” Pensò.
A mezzanotte in punto lui divenne grigio, e dopo cinque minuti anche lei si disconnesse. Spense il computer e si affacciò alla finestra, sospirò a lungo nel vedere L’Aquila illuminata dalle piccole finestre di ogni casa come piccoli loculi di un cimitero. Tra quei palazzi c’era anche quello di lui, e sperò con tutte le sue forze che anche il suo amore fosse in quel momento affacciato al balcone.
Chiuse le persiane e facendosi luce con il cellulare prese finalmente in mano il profumo. Lo scartò delicatamente dalla confezione, poi svitò il tappo. Percepiva già quell’odore inconfondibile che si trasformò in un viaggio remoto nei sentieri dei ricordi quando portò la bottiglietta al naso.
Due anni e tre mesi in un secondo.
Ritornò alla realtà solo quando allontanò l'essenza. Prese il tappetto e lo scagliò con rabbia in fondo alla stanza, seduta sul letto iniziò a piangere. Avrebbe gettato via anche il profumo, ma non ne aveva il coraggio, era tutto ciò che le rimaneva di lui, così lo posò proprio sul bordo della mensola sopra il letto e cercò di dormire.
Passarono delle ore in cui si attorcigliò nelle coperte, poi in qualche modo prese sonno.
All’inizio fu un incubo. Sentiva urla dappertutto, grida disumane provenire da fuori e da dentro casa. Un boato tremendo e l’odore di polvere che si alza pian piano, immobilizzando il tempo. Poi divenne un sogno bellissimo, quel profumo meraviglioso iniziò come a scorrere su di lei, le entrò sotto la pelle fino a mischiarsi col sangue, non avrebbe voluto svegliarsi mai più.
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